venerdì 30 aprile 2010

Il nostro Primo Maggio


Non hanno cittadinanza nel patto industrialista tra imprese e sindacati che governa le politiche sociali ma chiedono una riforma del Welfare in un paese in piena guerra tra generazioni.

Rifiutano di essere classificati tra gli evasori fiscali, chiedono tutele per la malattia, la disoccupazione e la maternità per i lavoratori autonomi senza ordine professionale.

Vivono nel paradosso di un'economia postfordista che si regge sul lavoro della conoscenza, sebbene la loro professionalità venga riconosciuta sempre meno.

Sono il lavoro intellettuale, relazionale, di cura che produce valore nell'economia dei servizi alla conoscenza, all'impresa, alla persona.

Sono il quinto stato dei lavoratori della conoscenza, consulenti, traduttori, informatici, ricercatori, architetti,designer, formatori, pubblicitari, archeologi, e tutti quei precari, creativi e non creativi, che saranno presto la maggioranza della forza lavoro italiana.

Il Cnel dice che sono 3,7 milioni quelli che non hanno un lavoro stabile e svolgono un'attività professionale. Domani saranno ancora di più. Lavorano con la partita Iva, a contratto, a progetto.

Invisibili, anche perché diffidano della rappresentanza, hanno però deciso di reagire contro la tendenza al ribasso in cui ogni risorsa intellettuale è intercambiabile e per questo viene dequalificata e precarizzata.

Questo è il nostro Primo Maggio.

Roberto Ciccarelli

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