Genealogie


Evelyne Sullerot da La donna e il lavoro (Etas Kompass 1969)
Questo libro è dedicato a tutti coloro che, uomini e donne, professano sul lavoro della donna opinioni totalmente concluse o assolute: sia che lo deplorino come una mostruosa caratteristica dei giorni nostri sia che ne facciano una sorta di toccasana, o la sola strada aperta oggi alla donna, senza vederne la difficoltà. Più in particolare, questo libro è dedicato a tutti quelli che usano ripetere: “ora che la donna lavora…”.

 Carla Lonzi da Manifesto di Rivolta Femminile (1970)
Noi identifichiamo nel lavoro domestico non retribuito la prestazione che permette al capitalismo, privato e di stato, di sussistere. 
Detestiamo i meccanismi della competitività e il ricatto che viene esercitato nel mondo dalla egemonia dell’efficienza. Noi vogliamo mettere la nostra capacità lavorativa a disposizione di una società che ne sia immunizzata.
La parità di retribuzione è un nostro diritto, ma la nostra oppressione è un’altra cosa. Ci basta la parità salariale quando abbiamo già sulle spalle ore di lavoro domestico?

 Virginia Woolf da Le tre ghinee (La Tartaruga 1975)
La parola “signorina” trasmette una vibrazione sessuale; e può darsi che il sesso porti con sé un aroma speciale. La parola “signorina” suggerisce forse un fruscio di sottovesti, lascia una scia di profumo, o emana qualche altro effluvio percettibile alle narici al di là della parete divisoria e ad esse odioso. Ciò che delizia e consola tra le pareti domestiche può darsi che distragga  o esasperi in un ufficio pubblico […] se un nome è preceduto dalla parola “signorina” con ogni probabilità, a causa dell’odore che essa emana, continuerà a aggirarsi nelle sfere inferiori, dove gli stipendi sono più bassi, invece di ascendere alle sfere superiori dove gli stipendi sono alti.

 Annarosa Buttarelli da La rivoluzione inattesa (Pratiche 1997)
Ciò che fa la differenza è il continuo lavoro sul piano del simbolico, che è il dono che la politica della differenza sessuale ha portato anche nella vita del lavoro e che fa sì che non ci sia separazione tra sapere e lavoro, tra sapere e fare. Oggi siamo in una contraddizione in cui possiamo patire la sofferenza per una trasformazione economica e sociale che, probabilmente, porterà con sé molte nuove occasioni di peggioramento della vita di molte e di molti. Ma siamo anche in presenza di una ricchezza che possiamo spendere per far sì che, là dove siamo, questo peggioramento non sia inesorabile e per far sì che laddove c’è femminilizzazione non ne venga estirpata la radicalità, cioè il segno della differenza. Questa ricchezza è la fedeltà alla predilezione femminile per non separare il sapere fare il pane (e provarne piacere) e il sapere fare filosofia, fare simbolico (e provarne piacere)

 Cristina Borderías da Strategie della libertà (Manifestolibri 2000)
…là dove l’inserimento delle donne non ha cancellato la differenza sessuale, là dove questo inserimento non è stato solo omologazione con il modello maschile, là dove le donne hanno potuto rendere significativa la loro cultura del lavoro, là si sono sviluppate modalità di lavoro e valori che possono rappresentare alternative reali all’attuale organizzazione del lavoro: forme orientate non solo alla produttività ad ogni costo ma ai bisogni umani, alla cooperazione, alla capacità comunicativa e agli aspetti relazionali.

 Luisa Muraro da Al mercato della felicità (Mondadori 2009)
Un giorno, a tavola con persone istruite e impegnate, il discorso andò sull’ecatombe di giovani uomini che è stata la Prima guerra mondiale, e io vi aggiunsi una riflessione sull’immane, calpestato lavoro delle donne che li avevano messi al mondo e cresciuti, al che l’uomo che stava a capotavola tacque e poi dichiarò il suo stupore di pensatore marxista: “Non ci avevo mai pensato”.