tag:blogger.com,1999:blog-2580408245542355512023-11-16T11:44:38.189+01:00Diversamente Occupatein equilibrio tra lavori e non lavoridiversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.comBlogger93125tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-86784704433046351222013-12-18T18:14:00.000+01:002013-12-20T13:26:18.272+01:00Diritto universale alla maternità. La misura di un corpo che si espande<div style="text-align: right;">
<br /></div>
<i style="line-height: 150%;">Il senso di te è (sempre) altrove, è tessitura di tutte le cose
che devi rinnovare continuamente, non c’è un luogo che è il
centro da cui tirare le fila, forse per questo siamo tanto attaccate
alla politica</i><span style="line-height: 24px;"><i>…</i></span>
<br />
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0.5cm; margin-right: 0.5cm; text-indent: 1cm;">
<i><br /></i></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0.5cm; margin-right: 0.5cm; text-indent: 1cm;">
Ma se la politica delle donne è politica delle relazioni, si fa
necessario un altro spostamento, o forse bisogna renderlo esplicito
per praticarlo fino in fondo. Partire dall’esperienza della
maternità, come desiderio solo di alcune e non di tutte, ci aiuta a
dirlo. Vogliamo o non vogliamo diventare madri, la maternità ci
riguarda e ci compete. I nostri corpi possono generare. Siamo fatte
di un corpo che è fertile.
</div>
<div align="JUSTIFY" style="background: #ffffff; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0.5cm; margin-right: 0.5cm; orphans: 2; text-indent: 1cm; widows: 2;">
I<span lang="it-IT">l fatto che la maternità non sia un desiderio di
tutte, non implica che sia una questione solo di alcune, a patto che
si renda concreto quel che intravediamo ancora latente: potenziare il
proprio desiderio in relazione a quello delle altre.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0.5cm; margin-right: 0.5cm; text-indent: 1cm;">
</div>
<div align="JUSTIFY" style="background: #ffffff; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0.5cm; margin-right: 0.5cm; orphans: 2; text-indent: 1cm; widows: 2;">
<span lang="it-IT">Q</span><span lang="it-IT">uesto passaggio, che di
fatto non si è ancora dato, e va inteso come un invito, comporta che
la maternità non sia una questione soltanto di chi la desidera, ma
di tutte le donne, e per estensione di tutti.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="background: #ffffff; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0.5cm; margin-right: 0.5cm; orphans: 2; text-indent: 1cm; widows: 2;">
<span lang="it-IT"><br /></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="background: #ffffff; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0.5cm; margin-right: 0.5cm; orphans: 2; text-indent: 1cm; widows: 2;">
<span lang="it-IT">
</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0.5cm; margin-right: 0.5cm; text-indent: 1cm;">
<em style="line-height: 150%; text-indent: 1cm;"><span style="font-style: normal;">Pensiamo a un diritto che metta
al centro i corpi, per aprire spazi e liberare tempi per tutti.</span></em> Un diritto universale alla maternità,<em><span style="font-style: normal;">
che parla a tutte e tutti. Perché </span></em>l’esperienza della
maternità, se pensata oltre la singolarità, orienta a lasciare uno
spazio a un altro da sé, che modifica, sposta, apre a nuovi
orizzonti, senza cancellare ciò che c’era prima. Riconoscere un
diritto a partire da qui, <em><span style="font-style: normal;">è
riconoscere un tempo ed uno spazio non produttivi nel senso
capitalistico del termine: è riconoscere un tempo riproduttivo,
generativo, dedicato alla cura, di sé, dell’altro.</span></em></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0.5cm; margin-right: 0.5cm; text-indent: 1cm;">
<em><span style="font-style: normal;"><br /></span></em></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0.5cm; margin-right: 0.5cm; text-indent: 1cm;">
<div style="text-align: left;">
<em><span style="font-style: normal;"><b><a href="https://www.dropbox.com/s/yj6l4rtqpre4gjj/Diritto%20universale%20alla%20maternit%C3%A0.pdf" target="_blank">Leggi l'intero articolo: Diritto universale alla maternità</a> </b></span></em><i style="line-height: normal; text-align: right; text-indent: 0px;">dal libro "<a href="http://iacobellieditore.it/workshop/210-c.html" target="_blank">Come un paesaggio. Pensieri e pratiche tra lavoro e non lavoro</a>", </i><i style="line-height: normal; text-align: right; text-indent: 0px;">a cura di Sandra Burchi e Teresa di Martino, Iacobelli, 2013 </i></div>
<div style="line-height: normal; text-align: right; text-indent: 0px;">
<div style="text-align: left;">
<i><br /></i></div>
</div>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0.5cm; margin-right: 0.5cm; text-indent: 1cm;">
<em><br /></em></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0.5cm; margin-right: 0.5cm; text-indent: 1cm;">
<em><br /></em></div>
diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-53795373647454937222013-05-06T10:53:00.002+02:002013-05-09T12:14:59.516+02:00Diversamente occupate si candidano con Sandro Medici<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il <b>26 e il 27 maggio</b> a Roma si terranno le elezioni per il rinnovo del
consiglio comunale e dei consigli dei singoli municipi. Diversamente occupate
sostiene la lista <b>Repubblica romana per
Sandro Medici sindaco</b> e porta avanti questo impegno con le candidature di
due compagne del collettivo: <b>Angela
Lamboglia e Valeria Mercandino.<o:p></o:p></b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Perché la Repubblica romana per <a href="http://www.repubblicaromana.org/index.php/sandro-medici" target="_blank">Sandro Medici</a>?</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La coalizione che sostiene Sandro
Medici rappresenta <b>l’unica proposta
politica realmente di sinistra</b> nel panorama di queste elezioni amministrative.
E’ un progetto politico che riconosce la crisi della rappresentanza, ma non si
illude che ad aprire un nuovo corso basti solo l’affidamento alle virtù dei ‘cittadini’,
per definizione onesti, indipendenti rispetto alle pressioni dei poteri forti e
competenti nel proprio lavoro. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Repubblica Romana punta, invece,
a <b>migliorare la vita e le politiche
della città attraverso i saperi, le pratiche, le competenze</b> che uomini e
donne attivi nei movimenti e nelle associazioni hanno sviluppato in anni di
lotte sul territorio.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Nessuna candidatura viene
dall’alto, ma è frutto del riconoscersi tra percorsi politici che si sono
incontrati anche in battaglie comuni. In questa luce vanno lette anche le candidature femminili, prevalenti nella lista per il consiglio comunale: <b>le donne non sono chiamate per rispondere
alla logica delle quote rosa o del politicamente corretto</b>, basta guardare
le storie e le realtà politiche cui ciascuna appartiene e che ciascuna porta
nel progetto comune. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La scelta di Diversamente occupate
di sostenere Repubblica romana con due candidature riflette la natura non
personalistica di questo percorso. L’ambizione in gioco non è il semplice
ingresso in consiglio comunale, ma portare le nostre istanze al centro
dell’agenda politica cittadina e dare il maggiore sostegno possibile ad una
coalizione che condivide le nostre stesse priorità (<a href="http://www.repubblicaromana.org/index.php/il-programma/il-nostro-programma" target="_blank">Leggi il Programma</a>): <b>lotta alla precarietà, reddito minimo garantito, coworking, diritto
alla casa, mobilità sostenibile, stop alla cementificazione, bilancio
trasparente, acqua pubblica, no alle discariche, diritti civili per tutte e
tutti</b>, priorità che Sandro Medici ha già portato avanti come presidente del
X municipio negli ultimi dodici anni.<br />
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<a href="https://www.facebook.com/DiversamenteOccupateperSandroMedici" target="_blank">Visita la pagina Facebook</a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-70846100566576694322013-04-19T18:47:00.000+02:002013-04-19T19:03:09.253+02:00"Self-help, corporeità, generazioni"<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi67muQRv4oH3400QxNLbmLhHq9OMVZ2pi9Ep_IIxPxocyp4TJeXyeHJubP1oRlRUfyQHQpt_EMLFwmqjMam12nxU0D4xbPCqmU7NN6nGQCyFxLsEbnRy-Ml0Ctl9gz72HinoLSRjQNGbP7/s1600/sh.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi67muQRv4oH3400QxNLbmLhHq9OMVZ2pi9Ep_IIxPxocyp4TJeXyeHJubP1oRlRUfyQHQpt_EMLFwmqjMam12nxU0D4xbPCqmU7NN6nGQCyFxLsEbnRy-Ml0Ctl9gz72HinoLSRjQNGbP7/s1600/sh.jpg" /></a></div>
<b>Segnaliamo che, insieme alla Libreria Tuba di Roma partecipiamo alla</b><br />
<br />
<b>Terza giornata di 'Self-help, riparliamone!' organizzata da Archivia presso la Casa Internazionale delle Donne di Roma</b><br /><b>sabato 20 aprile </b>ore 9.30-18.30 e intitolata <b>'<a href="http://www.iaphitalia.org/index.php?option=com_content&view=article&id=471:qself-help-corporeita-e-generazioniq-roma-20-aprile-2013&catid=103:incontri-sessualita&Itemid=328">Self-help, corporeità e generazioni</a>'. </b><br />
<br />
<br />
La giornata comprende, come le precedenti: relazioni, gruppi di
discussione e confronto in riunione plenaria. Il tema è scaturito
dall'incontro precedente, svoltosi il 17 novembre 2012. In seguito a
quell'incontro si è formato un gruppo di lavoro per l'organizzazione di
questa terza giornata, nell'ambito del quale sono state preparate le
relazioni che ne costituiscono il programma, con
l'obiettivo di offrire spunti di riflessione su self-help e corporeità
da parte di donne nate negli anni Settanta e Ottanta. Le relazioni
saranno disponibili sul blog e sulla pagina facebook prima del 20
aprile, per favorire il lavoro nei gruppi di discussione.<br />
L'iniziativa
è coordinata da Livia Geloso, consigliera di Archivia, che ha fatto
parte del Gruppo Femminista per la Salute della Donna (GFSD) di Roma, il
quale ha praticato per circa dodici anni il self-help. Il blog è
coordinato da Pina Caporaso. La pagina facebook è curata da Paola
Stelliferi, Pina Caporaso, Carmen Di Vito e Serena Fiorletta.<br />
L'iniziativa
Self-help riparliamone! ha tre finalità fondamentali: la diffusione
delle informazioni sulla pratica del self-help; il confronto sul
self-help con le nuove generazioni; la ricostruzione della storia del
self-help in Italia.<br />
La partecipazione è gratuita.<br />
L'iscrizione è gradita sul blog <a href="http://www.self-helpriparliamone.blogspot.com/" target="_blank">www.self-helpriparliamone.blogspot.com</a>, sulla pagina facebook "Self help riparliamone", sul sito di Archivia <a href="http://www.archiviaabcd.it/" target="_blank">www.archiviaabcd.it</a>.<br />
Info 06.68401720/3470320176.<br />
<br />
<b><a href="http://www.self-helpriparliamone.blogspot.it/2013/04/terza-giornata-di-self-help.html" target="_blank">GUARDA IL PROGRAMMA COMPLETO DELLA GIORNATA </a></b>diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-50313642291446883472013-04-09T16:20:00.002+02:002013-04-09T16:20:38.240+02:00Prove aperte # 4<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
- Il tempo per me è fondamentalmente tempo in relazione. Questo tempo è
il femminismo. È prendermi il tempo per pensare, ma mai in solitudine. Il tempo
che io sento come tempo per me è stancante, ma diventa generativo. </div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Avrà un significato il fatto che non sia mai un tempo in solitudine! </div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Se la relazione funziona (più che il progetto o la riunione), gira
anche tutto il resto. Mi fa ordine. Genera senso. Quello che dici delle corde
che se tirano in direzioni diverse ti squarciano, se invece riesco a tenerle,
come sto facendo in questo periodo, mi danno forza. </div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Anche se non posso dire che sia un periodo chiaro, anzi, come dice
Valeria è come se stessi volteggiando sulle cose, e tuttavia non mi sento
soffocata e riesco a mettere ordine. Oppure si mette fa ordine da sé!</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Oppure c’è una misura. Una per tutte, per esempio la relazione tra
noi, che ricompone tutto il resto. </div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
- Anche per me è così. Per esempio quando c’è stato quel periodo in cui
ciascuna di noi aveva un problema, sentivo che una parte di quei problemi erano
anche miei. È come se, se va bene tra noi, può andare bene anche fuori, se non
va bene tra noi, no.</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-31923172411606234962013-03-26T13:50:00.000+01:002013-03-26T13:50:00.448+01:00Prove aperte # 3<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
- Quando penso al tempo per me, penso a qualcosa che faccio e che mi
moltiplica il tempo, invece di togliermelo. Non è che effettivamente il tempo
si moltiplichi, piuttosto è qualcosa che faccio, a cui dedico tempo, che mette
ordine in tutto il resto. </div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ci sono alcune cose che mi restituiscono armonia, e quindi mi danno la
possibilità di fare dei bilanci sulla vita, ma non so dire come.</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
- Mi fai venire in mente il fare tanta politica. Se la progetto o il
collettivo funziona, sento che le energie si moltiplicano.</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
- Oppure capita di avere a disposizione un’ora, e pensare a mille cose
con cui riempirla, ma non farne nemmeno una. Quella è un’ora morta che scombina
anche il resto. Succede se sto a casa soprattutto. </div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-33589709774977808682013-03-25T21:50:00.000+01:002013-03-25T21:50:43.033+01:00Nella rete europea per il reddito minimo<!--[if gte mso 9]><xml>
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<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i>Il 22 marzo scorso siamo state invitate a partecipare al lancio della Rete nazionale per il reddito minimo (che sta dentro il progetto <a href="http://www.cilap.eu/" target="_blank">EMIN - Rete europea per il reddito minimo</a>). <br /><br />Ecco come ci siamo presentate </i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b>Diversamente occupate</b> è un
collettivo femminista che nasce da una precisa volontà politica di giovani
donne: prendere parola sul lavoro, a partire dalle singole esperienze di
ognuna, ma andare oltre la narrazione mainstream della ‘precarietà’.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il nome - <i>Diversamente occupate</i> –
nomina già una condizione. Da una parte, siamo tutte lavoratrici cosiddette
‘atipiche’, perché il succedersi e spesso la coesistenza dei nostri diversi
lavori ci porta lontano dal modello del lavoratore a tempo pieno, con contratto
a tempo indeterminato, tutelato da diritti relativi alla retribuzione, da
misure di protezione sociale per la perdita dell’impiego, dalla prospettiva di
una pensione, etc.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Dall’altra <i>Diversamente occupate</i>
dice che c’è uno spostamento nel modo in cui stiamo dentro e fuori il mondo del
lavoro, uno spostamento che è pienamente inserito in una serie di dinamiche che
interessano, per parte nostra l’agire politico che mette in scacco la
narrazione dominante sul lavoro, che toglie il lavoro dal centro in un atto che
non è di perdita ma di potenziamento del resto. <br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La nostra è una posizione sessuata,
che si inserisce, e vuole farlo con voce autorevole, in un cambiamento strutturale
e di sistema rispetto a:</div>
<ol start="1" style="margin-top: 0cm;" type="1">
<li class="MsoNormal" style="mso-list: l1 level1 lfo1; text-align: justify;">il
mondo del lavoro, con la crescita del settore dei servizi e la sempre
maggiore importanza del lavoro cognitivo, </li>
<li class="MsoNormal" style="mso-list: l1 level1 lfo1; text-align: justify;">l’organizzazione
della produzione, con il ricorso a tecnologie che permettono di ridurre il
personale, ma anche di delocalizzarlo, rendendo superfluo il concetto di
luogo di lavoro,</li>
<li class="MsoNormal" style="mso-list: l1 level1 lfo1; text-align: justify;">il
modello di capitalismo, immateriale, non solo per la preminenza della
finanza, ma anche perché il valore si sposta dalla produzione
all’immaginario, dalla merce al brand, che significa anche più manodopera
in paesi emergenti, pochi lavoratori in funzioni chiave nel vecchio
continente. </li>
</ol>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i>Stare dentro-fuori il mercato del lavoro</i><br /></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Questi cambiamenti si sono tradotti, tra le altre cose, in:</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br />
- <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">frammentarietà</b> delle situazioni
lavorative, dislocazione nello spazio, dilatazione dei tempi (con i tempi di
lavoro che vanno a confondersi con i tempi di vita ponendoci tutte e tutti in
disponibilità permanente) soprattutto mediante le tecnologie dell’informazione
(pensiamo a chi lavora da casa). Conseguenze di un cambiamento strutturale
operato dalle istituzioni, a cui non è seguito però un cambiamento di
organizzazione e di metodo (pensiamo al sindacato) che potesse rispondere ad un
modello di lavoro differente da quello fordista. </div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
- Questo si traduce in <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">isolamento</b>
dei singoli e delle singole lavoratrici, non solo rispetto allo sguardo
istituzionale (che non riesce a vederli, rintracciarli, categorizzarli), ma
anche rispetto alla costruzione delle condizioni che sono necessarie per una
negoziazione tra le parti, una negoziazione che salta oggi la mediazione e si
gioca tutta sui singoli, riducendo drasticamente la possibilità di resistere al
ricatto di lavori gratuiti, sottopagati, da ‘finte partite iva’, etc. <br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
- A questo si aggiunge il
discorso sulla <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">sostituibilità</b> di
ciascuno e ciascuna, che accentua la condizione di smarrimento e di isolamento.
Una retorica che lascia nell’oblio ciò che invece oggi regge il sistema
lavorativo: le relazioni. Fiducia e responsabilità sono l’altra faccia della
medaglia dello sfruttamento, che è spesso autosfruttamento, su cui si regge un
sistema intero, soprattutto quello del lavoro immateriale e cognitivo. Se i
rapporti di lavoro oggi - anche in senso subalterno (capo, dipendente) -
saltano la mediazione e si costruiscono sulla relazione, il discorso sulla
sostituibilità viene meno. <br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
- C’è poi la <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">femminilizzazione del lavoro</b>, intesa non tanto come accesso in
massa delle donne nel mondo del lavoro retribuito, quanto come messa a profitto
di capacità relazionali generalmente attribuite alle donne (non traducibili in
denaro) ed estensione anche agli uomini delle caratteristiche del lavoro
femminile, meno pagato, meno tutelato, sempre complementare ad altre forme di
reddito, insufficiente ai fini pensionistici</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br />
- A questo si aggiunge l’<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">incapacità del
lavoro di assegnare uno status</b>. L’inconsistenza delle prospettive
lavorative, insieme all’enfasi sulla flessibilità, usata ad arte per rendere
appetibile sia l’impossibilità di garantire prospettive lavorative stabili che
lo smantellamento delle cosiddette ‘rigidità’ del diritto del lavoro, finiscono
per fare cadere l’associazione tra ciò che si è e ciò che si fa, che per gli
uomini era scontata fino a qualche anno fa. Nel momento in cui il lavoro perde
la sua capacità di fornire supporto alla costruzione dell’identità si aprono
scenari di grande smarrimento per gli uomini, ma anche spazi di libertà soprattutto
per le donne che non hanno una genealogia che lega l’identità all’immaginario
sul lavoro retribuito. Cioè dentro questo processo avviene che le persone
mettano in discussione l’organizzazione del lavoro, dei tempi di vita come
residuali ad esso, del tempo libero come ulteriore attività produttiva che
consiste nel consumo. E succede anche che qualcuno metta in discussione l’idea
di una società in cui i diritti sono costruiti attorno alla figura del lavoratore
e non del cittadino, un lavoratore a tempo pieno, maschio, bianco, unico
cittadino dello stato sociale patriarcale.<br /><i><br /></i></div>
<i>
</i><div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i>Il passaggio dalla nostra condizione alla necessità del reddito minimo</i><br /></b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Se, come dice Pateman, il
criterio principale dello stato sociale patriarcale è rappresentato
dall’indipendenza e questa a sua volta è costruita su abilità e attributi
maschili - ricavando per difetto una dipendenza tutta declinata al femminile -<br />
il piano dell'attuale modello di cittadinanza e di welfare (costruito attorno a
quel lavoratore) prevede l’esclusione di tutti coloro che non si conformano a
questa figura dal sistema dei diritti di protezione sociale, compresa la
distribuzione del reddito.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Questo il percorso attraverso cui
siamo arrivate ad appoggiare una proposta di legge per il reddito minimo
garantito. Dice Pateman: “Le basi sociali dell’idea di un’occupazione
(maschile) a tempo pieno si stanno sgretolando. E’ visibile l’opportunità di
creare una democrazia genuina, di spostarsi da uno stato del benessere ad una
società del benessere senza esuli sociali involontari, di cui le donne, così
come gli uomini, possano fare pienamente parte”.<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
A partire da qui, ossia da una
posizione sessuata, è possibile pensare una nuova cittadinanza, perché le donne
sono sempre state un soggetto escluso, e quindi più libero, rispetto a un
modello di cittadinanza che oggi è in crisi, per tutti. È ora che anche il
nostro Paese faccia i conti con quei diritti slegati dal lavoro, cioè quei
diritti di cittadinanza da cui, le donne prima e oggi tutti, siamo esclusi. Il
reddito è uno di questi diritti.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La crisi della cittadinanza porta
con sé la crisi delle coordinate del reddito, inteso come reddito diretto
(denaro), reddito indiretto (servizi, welfare pubblico), a cui vanno aggiunte
le politiche sulle condizioni materiali di vita. Anche qui le donne per
genealogia hanno una posizione autorevole per pensare un reddito sganciato dal
lavoro, che diventi uno strumento per<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i>Cosa ci aspettiamo dal reddito minimo</i><br /></b></div>
<ol start="1" style="margin-top: 0cm;" type="1">
<li class="MsoNormal" style="mso-list: l0 level1 lfo2; text-align: justify;">rispondere
all’esigenza di diritti sociali per chi è escluso dagli strumenti di
protezione tradizionali, perché il lavoro full time a tempo indeterminato
accompagnato da diritti è in arretramento, ma d’altra parte questo modello
è ora inapplicabile a molte categorie di lavoratori o non desiderabile;</li>
<li class="MsoNormal" style="mso-list: l0 level1 lfo2; text-align: justify;">costituisca
l’occasione per cominciare a pensare un sistema di diritti che corrisponda
ai cambiamenti intervenuti nel mondo del lavoro e nella società, diritti universali,
sganciati dal lavoro;</li>
<li class="MsoNormal" style="mso-list: l0 level1 lfo2; text-align: justify;">rappresenti
una forma di restituzione – che ci piace chiamare RESTITUZIONE D’ESISTENZA
- per il lavoro gratuito o non riconosciuto, ma che produce coesione,
innovazione sociale, tra cui la politica, il welfare a costo zero garantito
ancora dalle donne, etc. </li>
</ol>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">E’
importante fare alcune precisazioni: il reddito non va sganciato dal discorso
sul welfare e dei servizi, non va inteso solo in senso monetario. Allo stesso
tempo, il discorso sul reddito, ovviamente, va tenuto insieme al lavoro. Le
politiche attive del lavoro non sono in contraddizione con il reddito minimo,
ma questo è uno strumento che permette di sottrarsi a una logica
produttivistica, al ricatto della disponibilità permanente a costo zero. <br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Concepiamo<span style="color: black;"> insomma il reddito come lo strumento “tecnico”, la riforma strumentale
da cui muovere per un orizzonte più ampio, per costruire un percorso
politico-culturale che vada verso l’invenzione di un nuovo paradigma di
cittadinanza, attraverso pratiche di partecipazione, autogoverno che
ridefiniscano il significato della ricchezza, dove per ricchezza si intende
tutto ciò che è risorsa, oggi a rischio scarsità per la tendenza capitalista
alla privatizzazione (cultura, saperi, corpo, acqua, territorio, scuola,
sanità, incluso denaro). <br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il reddito può contribuire alla
ricostruzione di una cultura del comune, liberando tempi, mettendo in
connessione le rivendicazioni di categorie di lavoratori finora messe in
contrapposizione (garantiti-non garantiti), favorire coesione sociale.</div>
diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-55369551924714851302013-03-21T11:30:00.001+01:002013-03-21T11:31:03.614+01:00Prove aperte # 2<br />
<div class="Standard" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<br /></div>
<div class="Standard" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 36.0pt; margin-right: 0cm; margin-top: 0cm; mso-list: l0 level1 lfo1; text-align: justify; text-indent: -18.0pt; text-justify: inter-ideograph;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt;"> </span>Se partiamo dal <i>tempo per me</i>, ci si apre di nuovo il discorso sul lavoro, quello
sulla sessualità oppure sui corpi e sulle vite.</div>
<div class="Standard" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 35.45pt; margin-right: 0cm; margin-top: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
Pensare al tempo per me, mi fa venire in mente l’immagine in cui ho
delle corde in mano, a ogni corda è legata qualcosa della mia vita. Quando
queste corde tirano in direzioni diverse, Io mi sento meno forte. È quello il
momento in cui non riesco a gestire i tempi. Quando questa tensione diventa
insopportabile, allora è una vera tortura. Significa che una delle cose a cui è
legata la corda mi sta chiedendo la vita e io non posso dargliela, e questa
tensione mi lacera.</div>
<div class="Standard" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 35.45pt; margin-right: 0cm; margin-top: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
Quando
invece il tempo che dedico a ciascuna di queste cose, si stabilisce su una
misura che mi va bene, anche se non l’ho data io, non viene da me, allora ho la
sensazione di essere io a guidare le cose che sono legate alle corde. Le dirigo
come se stessi suonando un pianoforte.</div>
<div class="Standard" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 35.45pt; margin-right: 0cm; margin-top: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
Ma
questa armonia, quando c’è, può succedere che non dipenda solo da me: non
sempre e non per tutto. Nonostante questo, quando c’è, sento che è la misura
giusta, anche se non l’ho decisa io.</div>
<div class="Standard" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 17.45pt; margin-right: 0cm; margin-top: 0cm; text-align: justify; text-indent: 18.0pt; text-justify: inter-ideograph;">
Tanto che mi resta anche la forza di dare di più, se è
richiesto.</div>
<div class="Standard" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 35.45pt; margin-right: 0cm; margin-top: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
Quando
dico che non sono io a dare una misura, intendo dire per esempio che sono gli
altri a chiedere. E questa richiesta può essere della mia misura, oppure no. A
volte è la paura degli altri che mi impone una presenza, a volte sono le
circostanze che obbligano. Altre volte, anche se le motivazioni non vengono da
me, sento che la misura è giusta.</div>
<div class="Standard" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<br /></div>
<div class="Standard" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 36.0pt; margin-right: 0cm; margin-top: 0cm; mso-list: l0 level1 lfo1; text-align: justify; text-indent: -18.0pt; text-justify: inter-ideograph;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt;"> </span><!--[endif]-->Il punto però non è solo che a dirigere sia io o
qualcun altro/a o qualcos'altro. Per me la questione è molto più altalenante. Quando
non sono io a dirigere, posso sentirmi appagata, sentire che la misura della
direzione che prendono le cose della mia vita mi corrisponde, e allora riesco a
volteggiare su di esse, anche se non sono io a decidere dove dirigermi o dove
dirigere queste cose, ma allo stesso modo, altre volte me ne sento soffocata.
Così come se sono io a dirigere, può capitare che azzecchi la misura, oppure
che mi senta soffocare nei miei stessi passi. Il punto secondo me è che ne va
della possibilità di prendere parola sulle pressioni esterne, o sulle buone
misure. Mi chiedo in cosa si trasformi quel non essere in grado di prendere
parola sulle pressioni esterne, quando la situazione non è pressante? Io dove
sono? </div>
<div class="Standard" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 36.0pt; margin-right: 0cm; margin-top: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
Voglio
dire, il punto secondo me non sta sulla misura, più o meno a dimensione mia,
non è lì che rintraccio qualcosa che mi dà il senso di quello che succede:
delle pressioni così come del volteggiare sulle cose. Mi viene da dire che
allora il senso sta in altro, ma non so dove esattamente.</div>
<div class="Standard" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 36.0pt; margin-right: 0cm; margin-top: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
Direi
che mi ritorna dalle relazioni.</div>
<div class="Standard">
<br /></div>
<div class="Standard">
<br /></div>
diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-68315847626771089932013-03-08T16:45:00.002+01:002013-03-08T16:56:20.647+01:00Prove aperte # 1<br />
<div class="MsoNormal" style="background-color: white; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background-color: white; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.0pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Volevamo parlare della <a href="http://claudiabruno.wordpress.com/2012/11/21/il-giorno-dopo/" target="_blank">piazza</a>. Ci
sembrava fosse un’urgenza dei nostri corpi e della situazione politica che si
agitava attorno a noi. Ma quando abbiano provato, ci siano rese conto che prima
di tutto abbiamo bisogno di pratiche radicate nelle nostre singolari esistenze.
Il salto sulla piazza, o sulla dimensione allargata, per pensarne e poter dire
della sua problematicità, è troppo lungo se prima non ci posizioniamo su
qualcosa di nostro, in una dimensione più stretta.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background-color: white; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.0pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Per arrivare a questa consapevolezza
abbiamo passato al vaglio il possibile. Per capire qual era davvero la
direzione da prendere. Ci siamo impelagate in una lista di cose da fare e da
pensare. È quell’affanno di quando si muove qualcosa e si fanno dei tentativi
per aiutarla a venir fuori. Tra il caos e la messa in ordine, ci siamo perse
per strada il pensiero in presenza, ma non il desiderio, né la certezza che
questo è uno spazio fecondo in cui farlo attecchire.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background-color: white; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.0pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Ripartiamo da noi. Quando è nato il
collettivo ci vedevamo una volta al mese, ora una a settimana (mercoledì) non
basta per tutto quello che ci vorremmo mettere dentro! Direte: bello! certo, ma
questo ci porta a una riflessione più ampia su quanto</span><span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.0pt; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"> </span><i><span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.0pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">tempo</span></i><span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.0pt; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"> </span><span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.0pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">ci richiede la politica, tra noi e con
altre. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background-color: white; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.0pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">La questione dei tempi non si può più
rimandare: dov’è, in tutto quello che faccio, il tempo per me? È la domanda che
ci siamo poste. E poi abbiamo pensato alle pratiche del teatro, a quella bella
pratica di tenere aperte le prove degli spettacoli, alla possibilità di far
vedere a chi vuole come si costruisce uno spettacolo, giorno dopo giorno, passo
dopo passo, prova dopo prova.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background-color: white; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.0pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Ecco il senso di questi post. Sono delle
<i>prove aperte</i>, per chi vuole. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background-color: white; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-58765489643692280452013-03-01T20:04:00.002+01:002013-03-01T20:14:58.132+01:00Reddito, se e solo se. <br />
DiversamenteOccupate: perché impossibile definire i nostri lavori simultanei, le nostre acrobazie, le nostre contrattazioni e il nostro desiderio di politica nel termine “precariato”. Si comincia allora a parlare di lavoro, di ricatto, di condizioni di vita, ma non solo; al centro del discorso c'è anche quel corpo, che il lavoro e un intero immaginario ci sottrae, quei saperi corporei di cui veniamo espropriate e quella sessualità che anziché partire da noi ci viene detta da altri luoghi. E così, attraverso questo percorso intrecciato, che tiene insieme politica, desiderio, corpo e lavoro che negli ultimi mesi le DiversamenteOccupate abbiamo incontrato la questione del reddito di esistenza, che le interessa, le incuriosisce, le stimola, ma, soprattutto, cerca di dare risposta ad alcune delle loro urgenze politiche.<br />
Perché il reddito? Innanzi tutto perché pone un argine a quel ricatto lavorativo ed economico a cui tutte e tutti sottostiamo, che rende tempi, salari, condizioni contrattuali non contrattabili; il reddito permette a tutti, donne e uomini, di riappropriarsi della propria forza di contrattazione così come del proprio corpo, non più a disposizione, a qualunque costo, dei ritmi e delle richieste di un lavoro calibrato sulla logica del precariato, fatta di sostituibilità e contemporanea rapina. Questo è tanto più vero per una donna, sia per il rapporto che come donne intratteniamo con la dimensione del lavoro di cura, sia per il fatto che anche in un contesto di “femminilizzazione” del lavoro e precarietà che include anche gli uomini resta il fatto che le condizioni lavorative e sociali continuano a non essere le stesse tra un uomo e una donna.Ma ci sono delle precisazioni da fare. La proposta di un reddito garantito va nella direzione di un nuovo paradigma di cittadinanza se e solo se è concepito come universale e incondizionato, destinato a tutte e tutti, permettendo maggiore libertà di scelta, uscita dal ricatto, livellamento delle disparità economico-materiali, liberazione del tempo. Inoltre, il reddito può essere solo lo strumento “tecnico”, la riforma strumentale da cui muovere per un mossa più ampia, per costruite un percorso politico-culturale che vada verso l’invenzione di un nuovo paradigma di cittadinanza, attraverso pratiche di partecipazione, cittadinanza, autogoverno che ridefiniscano il significato della ricchezza, dove per ricchezza si intende tutto ciò che è risorsa (cultura, saperi, corpo, acqua, scuola, sanità, incluso denaro).Il discorso sul reddito, ovviamente, va tenuto insieme al lavoro. Con un'ulteriore precisazione: il denaro, se intorno a noi tutto è privato, privatizzato o privatizzabile, non basta: è il reddito indiretto, sono i servizi pubblici, che ci permettono di migliorare le condizioni di vita, anche con un reddito basso. Trasporti, sanità, scuola e università, cultura. Senza questa precisazione cadiamo nell'immagine di un reddito di cui è il liberalismo stesso che si serve.Siamo pienamente consapevoli di una cosa: la nostra libertà non passa certo dal reddito, che è solo uno strumento per uscire dai ricatti, ma anche con un diritto di base combinato con altri tipi di diritto, è uno strumento che ci permette di ripensare una nuova organizzazione sociale e simbolica. Non è dicotomico con il lavoro, ma permette un sottrarsi dalla logica produttivistica.Riprendersi il corpo, riprendersi un tempo di vita e, con esso, riprendersi il tempo e le condizioni per la politica, riappropriandosi di un fare comune; sottrarre tempo al lavoro in favore di un tempo fertile in cui ciascuna di noi si lascia la possibilità di accogliere quel che corrisponde al suo desiderio e al senso di sé: parlare del reddito diviene allora l'occasione per costruire un discorso che parli a tutte e a tutti, non solo ai precari, su lavoro e tempo di vita e che apra al desiderio di politica e contemporaneamente alla coalizione tra diversi lavoratori, disoccupati, studenti.<br />
<div>
<br /></div>
diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-55209154212109544682012-11-19T09:43:00.001+01:002012-11-19T20:38:29.305+01:00pillole del giorno prima<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6I_94BzB_tStGkQBRZm2C6RerU1Rvxshil5ue9jihOYG72rg7Rmr4GYxo6NILnayFdYo4GBVU2Yg7MglnN4BtLNrWiV1abRjGlhgmz7ZSnilPAB9v9pEgjSE4QfpFNjQZajSZRbfktRgk/s1600/pillole.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6I_94BzB_tStGkQBRZm2C6RerU1Rvxshil5ue9jihOYG72rg7Rmr4GYxo6NILnayFdYo4GBVU2Yg7MglnN4BtLNrWiV1abRjGlhgmz7ZSnilPAB9v9pEgjSE4QfpFNjQZajSZRbfktRgk/s320/pillole.jpg" width="320" /></a></div>
sabato siamo state a un <a href="http://www.iaphitalia.org/index.php?option=com_content&view=article&id=426:contraccezione-riparliamone-self-help-condom-femminile&catid=103:incontri-sessualita&Itemid=328" target="_blank">incontro</a> dedicato da <a href="http://www.casainternazionaledelledonne.org/index.php/it/spazi/biblioteca-archivia" target="_blank">Archivia </a>a salute delle donne,
sessualità e contraccezione. in tempi come questi se ne parla poco, perché siamo sempre convinte che tutto è già stato detto e fatto,
che abbiamo altre urgenze - il lavoro, il reddito, l'emergenza abitativa
- urgenze reali ma troppo spesso percepite come se fossero sconnesse
dai corpi -, e poi diamo per assodato il nostro modello di 'sviluppo' e
quindi il fatto che non ci resta che esportare il nostro concetto di
libertà sessuale nelle altre parti del mondo o fare educazione sessuale
nelle scuole. in realtà della sessualità non se ne sa mai abbastanza, i
consultori <i>delle donne</i> sono oggi diventati consultori <i>familiari
</i>medicalizzati a cui rivolgersi 'per emergenza', a livello sociale e
psicologico agiscono ancora innumerevoli stereotipi e condizionamenti
normativi nel vivere la sessualità, e soprattutto abbiamo perso il filo
della trasmissione dei saperi sui corpi, un filo che c'è assolutamente
bisogno di riprendere, a maggior ragione in tempi come questi in cui la
corporeità è una dimensione critica.
<br />
<br />
questo breve post, per far circolare alcune informazioni secondo noi fondamentali per una libera scelta alla contraccezione.<br />
<br />
<b>esistono diversi strumenti di contraccezione. </b>tra
questi: il diaframma è sparito dal mercato italiano da circa 20 anni,
probabilmente per la sua natura non 'usa e getta' poco funzionale alle
logiche commerciali. negli anni settanta alcuni gruppi di donne usavano
l'osservazione settimanale del ciclo mestruale come anticoncezionale.
oggi ci comportiamo come se esistessero soltanto due contraccettivi: il
preservativo maschile e la pillola anticoncezionale.<br />
<br />
<b>la maggior parte dei ginecologi e delle ginecologhe </b>al
momento della visita non informano sulle possibilità e non lasciano
assolutamente che sia l'utente a scegliere il mezzo più adatto per sé
(ormonale, di barriera, spirale). si limitano a chiedere se la donna che
hanno difronte ha rapporti sessuali stabili e a risposta positiva
prescrivono la pillola anticoncezionale presentandola come l'unica via
per una contraccezione sicura. se la donna in questione risponde che non
vuole prendere la pillola ma usare altri mezzi, ad esempio di barriera,
come il profilattico, la risposta è sempre simile: ma sei matta? di cosa
hai paura? siamo nel 2012! e da lì parte lo spiegone sulle nuove
leggerissime pillole anticoncezionali che non hanno effetti collaterali,
anzi fanno quasi bene (infatti ormai te le danno anche per curarti da
squilibri ormonali, acne, dolori mestruali, ecc.).<br />
<br />
<b>ciò che non viene detto è che la pillola anticoncezionale</b>
oltre a non proteggere da malattie sessualmente trasmissibili, si porta
dietro tutta una serie di implicazioni che vanno a gravare sul corpo di
una donna, e per quanto ammiccante il suo nome possa essere e per
quanto 'leggero' il suo dosaggio, si tratta comunque di un farmaco che
andremo ad assumere ogni giorno del mese e che andrà ad affievolire la
percezione che abbiamo del nostro corpo e del nostro ciclo mestruale.
inoltre, non va dimenticato che le pillole anticoncezionali costano
parecchio e sono prodotte dai grandi colossi farmaceutici che hanno
tutto l'interesse a spingerle sul mercato come la panacea di tutti i
mali.<br />
<br />
quello che andrebbe aggiunto poi all'interno di una visita mirata veramente a una scelta libera su salute e sessualità, è che <b>esiste anche il preservativo femminile</b>.
un mezzo che può essere inserito ore prima e che può non piacere ma che
in alcune situazioni, come i rapporti occasionali eterosessuali, offre a
una donna la possibilità di non essere ricattata dal suo partner che
magari il preservativo non ce l'ha o non vuole usarlo. Aidos in questi
giorni sta dedicando <a _mce_href="http://www.aidos.it/ita/campagne/index.php?idPagina=955" href="http://www.aidos.it/ita/campagne/index.php?idPagina=955" target="_blank">una campagna</a> al condom femminile.<br />
<br />
ma la mancanza più grave nel contesto della visita, e in un paese
dove la pillola del giorno dopo non è farmaco da banco e l'obiezione di
coscienza è dilagante, è che chi si ostina a non voler prendere la
pillola anticoncezionale viene liquidata con un "auguri" e una pacca
sulla spalla. a nessuno - a nessuna - viene in mente (come sabato ha
raccontato di fare invece una ginecologa di un consultorio di Roma) di <b>prescrivere da subito una ricetta per la pillola del giorno dopo. </b>un
modo talmente logico di aggirare il sistema, che non ci pensi neanche
tu dall'altra parte. una pratica di resilienza, se vogliamo. tenere una
pillola del giorno dopo nel cassetto per aggirare l'obiezione di coscienza. che i
profilattici, è risaputo, si rompono il sabato sera, la domenica, a natale e a
ferragosto. e guarda caso in quei giorni là non c'è mai nessuno che la
ricetta te la può fare.<br />
<br />
Claudia Bruno e Angela Lamboglia <br />
<br />diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-66144062241048284692012-10-16T20:07:00.000+02:002012-10-16T20:07:54.731+02:00Da Paestum, il rilancio<b>A Paestum si è tenuto un incontro nazionale del femminismo italiano.</b><br />
Era il 1976 ed è rimasto un evento storico importantissimo, perché denotava la portata di un movimento politico che non poteva più essere ignorato, e perché lì si è data forma a una spaccatura tra diverse idee del fare politica – diversi femminismi? – segno questo dell’autenticità di percorsi politici che hanno tenuto sempre a bada lo slittamento verso un’organizzazione politica che fosse più produttiva, anche se ha portato non poche fratture e, ovviamente, un indebolimento delle diverse pratiche politiche attivate.<br />
36 anni dopo più di 700 donne, femministe e non, si incontrano di nuovo a Paestum intorno allo slogan <i>Primum vivere anche nella crisi: la rivoluzione necessaria. La sfida femminista nel cuore della politica</i>.<br />
È passata una settimana da questo incontro, si sono dette, scritte e lette molte cose a riguardo, già sappiamo il frutto delle assemblee e di alcuni gruppi, perciò mi concentrerò su un paio di punti nello specifico.<br />
Abbiamo sentito, fortissima, la differenza generazionale: ben lontane dal voler seguire il carrozzone dei rottamatori e di chi intende fare le pulizie alla sua maniera della classe politica e dirigente di questo paese, ci troviamo comunque a riflettere sulla differenza tra, da una parte, un’assemblea in cui per la maggior parte hanno parlato quelle che a Paestum ci erano già state 36 anni fa e, dall'altra, i piccoli gruppi in cui ha pesato di più la parola di “quelle che 36 anni ancora non ce li hanno”.<br />
Nell’assemblea, il punto principale di discussione è stata la politica della rappresentanza, se e come partecipare, quote rosa o meno, il desiderio di contare delle donne che si traduce, a 36 anni dalla sua massima espressione di radicalità, in “le donne, anche le più giovani, vogliono contare e hanno desiderio di potere”; mentre nel piccolo gruppo di circa 40 donne (noi diversamente occupate, insieme ad altre compagne di Roma, eravamo nel gruppo pomeridiano n.9), <b>le più giovani hanno espresso un bisogno forte, fortissimo di giustizia sociale, di possibilità di vivere una vita altra, non solo dignitosa ma più giusta e all’altezza delle loro ambizioni.</b><br />
Che non sono di potere – non ho sentito con le mie orecchie, nonostante alcune dichiarazioni in assemblea che le invocavano, neanche una giovane che con la sua parola reclamasse più potere per sé e per le altre – ma di tempo e possibilità liberi dalle costrizioni di una società che non ci rappresenta – troppo spesso, troppe dimenticano quel che noi diamo per assodato e cioè che questa società non ci ha mai volute e rappresentate.<br />
Noi – le diversamente occupate – il femminismo lo abbiamo incontrato grazie a donne più grandi che ci hanno trasmesso un sapere nato e alimentato da chi era ed è prima di noi, amore per la politica e per le relazioni tra donne.<br />
Nonostante la difficoltà del fare politica in un periodo come questo, oltre alle relazioni con le mie compagne, è la genuinità di un pensiero e di pratiche politiche radicali che mi dà la forza di proseguire, di immaginare un mondo che riesca a contenere un così grande desiderio.
Non dimentico, non dimentichiamo quel che ci ha fatte nascere alla politica e che ci alimenta ogni giorno.<br />
<b>E quello che ci immaginiamo non ha nulla a che vedere con gli spostamenti che un numero alto o basso di donne possono provocare nelle istituzioni</b>: le femministe nelle istituzioni, le femministe che operano con la pratica della relazione con donne delle istituzioni, non sono strade già tentate? E ci sarebbe da aggiungere: le donne nella politica istituzionale sono poche, in effetti, ma le donne sono membri dei consigli di amministrazione di aziende, sono alte dirigenti, ordinarie nelle facoltà, direttrici di giornali e in quelle sedi non troviamo notizie a proposito di spostamenti virtuosi. Tutto ciò non ci ha mostrato più di una volta come il potere sia neutralizzante? Evidentemente il vuoto di memoria è potente, perché nell’assemblea plenaria del 6 ottobre, c’è chi ha dovuto ricordare anche questo.<br />
Noi preferiamo immaginare pratiche politiche che investano immediatamente le nostre vite. Ecco perché insieme ad altre abbiamo parlato di <b>reddito di esistenza.</b><br />
<b>Un reddito che non è solo denaro</b>, ma è fatto di servizi che assolvano alle necessità, liberino tempo ed energie che ci vengono sottratte dalla frenesia dei mille lavori.<br />
<b>Il reddito come uno strumento capace di rispondere a un momento complesso in cui i confini tra privato e pubblico sono saltati</b> portandoci nella confusione tra tempo di lavoro e di vita, di cura e di produzione. Un momento in cui il lavoro mette a profitto tutta l'eccedenza di relazioni e passione che ognuna mette in quel che fa, e in cui è sempre più evidente come la riproduzione sociale sia elemento portante di questo ingranaggio.<br />
<b>Il reddito per togliere il lavoro dal centro della mia vita come dal dibattito pubblico</b>, che permetta di immaginarsi forme di coalizioni diverse in un tempo in cui non è più pensabile una dimensione unica di rivendicazione. Vogliamo superare le contraddizioni tra garantite e non garantite, lavoratrici tradizionali precarie, disoccupate e migranti, contraddizioni che le rivendicazioni tradizionali attorno a contratti e statuto dei lavoratori non scardinano. Pensando a coalizioni trasversali che dobbiamo costruire.<br />
<b>Il reddito come un freno alla ricattabilità</b>: per non cedere al ricatto del primo lavoro che capita - mal pagato o gratuito - e anche, perché no, del lavoro a tempo indeterminato anche se non lo voglio, perché in questi tempi di crisi dire di no sarebbe un reato. Il reddito come un freno alla ricattabilità non solo in termini di salario ma anche di condizioni sul lavoro. Il reddito come leva per rivendicare un lavoro che risponda alle mie esigenze e al mio desiderio.<br />
<b>Il reddito come strumento per l'autodeterminazione</b>, perchè quest'ultima non è tutt’uno con l’indipendenza, men che meno economica, ma pensiamo che sia un ottimo passo per uscire da situazioni difficili. Pensiamo alle molte e i molti che soffrono l'isolamento di una vita stretta tra lavoro e necessità, persone cui potrebbe essere restituita qualità della vita attraverso servizi e tempo da dedicare alla dimensione sociale che spesso viene sacrificata perchè costretti. E pensiamo a situazioni a volte disperate, perché ancora troppo spesso la violenza sulle donne fa rima con la povertà e la mancanza di alternative: di nuovo, non ci centriamo sull'indipendenza economica, ma per molte donne non avere un lavoro significa non essere libere di scegliere. E in un tempo in cui le donne sono quelle che più amaramente pagano i tagli delle risorse e del welfare, noi pensiamo a una strategia per farle uscire dal ricatto del lavoro e dal ricatto della famiglia. E ancora, autodeterminazione nel senso di poter dire di no a un sistema produttivo che ci ingloba e divora nella produzione e riproduzione becera.<br />
<b>Il reddito è universale</b>, perché questi movimenti di liberazione sono essenziali per le donne, ma sono necessari per tutti. Non c’è cittadinanza che tenga quando si parla di giustizia sociale, e pensiamo che un’arma come il reddito a noi sole non basta, vogliamo che sia in mano alle donne che vengono in questo paese a fare il lavoro di cura che noi molto in fretta deleghiamo loro per uscire dalle nostre case. Lo pensiamo anche per loro, per vedere cosa succede. Vogliamo che il reddito sia anche per gli uomini che in questo sistema si trovano, in maniera diversa rispetto a noi, anche loro con i loro conflitti aperti.<br />
<b>Diciamo reddito non perché diciamo no al lavoro <i>tout-court</i> </b>ma perché conosciamo il lavoro che assorbe ogni singola energia e che non permette di investire più nulla in quello a cui teniamo di più, nella politica e nelle relazioni. Alcune ci hanno parlato dell’amore che mettono nel proprio lavoro, e di come loro ne facciano il loro spazio pubblico, la loro possibilità di fare politica. Siamo contente che esistano queste esperienze, ma noi sappiamo bene che non tutti i lavori sono spazi di realizzazione, abbiamo visto cosa significa lavorare da sole e in casa, davanti a un pc; cosa vuol dire non avere colleghe o averle ma con condizioni contrattuali talmente deboli da non potersi permettere una coalizione che porti a qualche tipo di rivendicazione; e abbiamo visto come la situazione contrattuale e lavorativa frammentata ci costringa all’isolamento perché non permette di stringere relazioni durature nel contesto lavorativo: siamo 3 mesi in un luogo, 6 in altro, un anno in un altro ancora. Col reddito non vogliamo togliere il diritto alle prime di proseguire nel loro percorso, ma vogliamo che anche per le altre ci sia possibilità di giocarsi le proprie relazioni, di fare politica al di là del lavoro.<br />
<b>Il discorso è appena iniziato</b>, questi solo i motivi per cui pensiamo che il reddito sia uno strumento politico che ci può portare a una nuova forma di autodeterminazione, autodeterminazione pensata dalle donne per tutti. Volevamo inoltre dare sostegno alla nostra convinzione, rispondendo alle obiezioni che ci sono state fatte a Paestum,e non solo.
Come argomentazione a favore, si dice spesso che il reddito è uno strumento welfaristico in uso in molti paesi d'Europa. Ma è altrettanto vero che è spesso usato dai governi per disinnescare i conflitti sociali e svuotare la critica al lavoro della sua portata politica e di cambiamento.<br />
<b>Ora sta noi tutte pensare alle pratiche politiche necessarie per rendere il reddito di esistenza un'arma nelle nostre mani, nella direzione di una universalizzazione dei servizi, oltre che dei diritti, fuori dal controllo neoliberista.</b><br />
<br />
Valeria Mercandinodiversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-12628422170270392572012-09-19T14:02:00.001+02:002012-10-17T09:10:20.374+02:00Verso Paestum, a partire da noi<div style="text-align: justify;">
Il 5-6-7 ottobre ci sarà un incontro nazionale a Paestum dove le femministe si ritroveranno, dopo 36 anni, a rileggere i mutamenti del presente, dal lavoro al corpo, dalla violenza alla cura, dalla rappresentanza all'economia, da un punto di vista sessuato. <a href="http://paestum2012.wordpress.com/" target="_blank">Qui </a> trovate tutte le informazioni sulla tre giorni con la <a href="http://paestum2012.wordpress.com/lettera/" target="_blank">lettera</a> che ha lanciato l'iniziativa. A partire da questo, insieme ad altre giovani donne, abbiamo risposto alle sollecitazioni delle femministe storiche, a partire da noi, con il documento che leggete sotto.</div>
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Desideriamo confrontarci a Paestum, ma lo facciamo con le nostre parole e le nostre urgenze. Partiamo da noi, trentenni di questi anni, dalla precarietà lavorativa ed esistenziale, dalle nostre condizioni materiali di esistenza. Dalla nostra soggettività politica investita dalla crisi, dalla sua carica ideologica, dai suoi effetti patologici che performano la materialità delle nostre vite, le nostre percezioni, i sentimenti, il modo di guardare al futuro. Alla sua negatività ci sottraiamo mettendo al centro il “desiderio di politica” e la pratica politica delle donne come politica diffusa nei tempi e negli spazi del quotidiano. <b><i>Partire dalle donne, dalla loro vita, dalle loro esperienze ed elaborazioni, può costituire un terreno comune per ripensare all’alternativa.</i></b><br />
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<b><i></i></b><br />
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Tuttavia siamo consapevoli che la sua costruzione passa inevitabilmente anche attraverso un conflitto tra femministe di diverse generazioni. Un conflitto che vogliamo nominare e aprire perché di frequente lo viviamo nei luoghi che attraversiamo e nei quali agiamo. Non si tratta esclusivamente di “interruzioni” e discontinuità prodotte da pratiche e linguaggi differenti, come spesso tra noi siamo solite dire, ma di una distanza profondamente radicata nel presente che noi quotidianamente misuriamo e che ha che fare con qualcosa d’altro dalle pure elaborazioni, cioè con la vita nella sua materialità. Dal femminismo storico ereditiamo la critica più radicale al potere e la ridefinizione di una nuova politica, che parte dal sé e dalla relazione, ma “a conti fatti” registriamo un corto circuito nella circolazione/condivisione dei saperi e delle pratiche con le nuove generazioni in una dinamica che vede le femministe storiche credere di comprendere automaticamente l’esperienza di donne più giovani nel proprio discorso, con una conseguente sordità e cecità sul presente. </div>
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Noi siamo qui per cambiare. Il desiderio di cambiamento è anima del fare politica, molto spesso, oggi più che mai, viene dimenticato dai soggetti tradizionali della politica, partiti e sindacati, ma anche dai movimenti consolidati, che spesso nelle pratiche come nei linguaggi ripetono e manifestano la predominanza di un’impostazione e di un modello maschile. Per noi cambiare vuol dire fare i conti con questo e fare i conti con le differenze tra generi ma anche tra generazioni. Contare vuol dire cambiare e cambiare significa agire un conflitto: non si cambia solo da dentro i luoghi tradizionali della politica ma soprattutto con la spinta che viene da ciò che ne è fuori, dai luoghi che viviamo ogni giorno, dalle strade e dalle piazze. Da una politica che torna a farsi quotidianità. Pensiamo di poter dare il nostro contributo, di assumerci la nostra responsabilità nel prender parola e farci portatrici di desideri diffusi ma inascoltati. <b><i>Parlare della crisi come elemento contingente e costitutivo di questo momento storico-politico non basta</i></b>. Significa non assumere mai che la politica istituzionale, di partito e di sindacato non risponde più da tempo ai bisogni e ai desideri delle persone reali che faticosamente cercano di sottrarsi alle condizioni ed ai tempi di vita alienanti imposti dalla precarietà. Dire che le istituzioni non sono più un riferimento d’interlocuzione crea un vuoto di politica, ma solo apparente: crea uno spostamento di politica (che il femminismo in parte ha già compiuto) ed apre nuovi spazi. <b><i>Se la rappresentanza è in crisi, ne va colta l’opportunità spostandosi dal piano della politica istituzionale, come luogo dove si prendono decisioni, al piano della politica diffusa e agita dal basso.</i></b> Consideriamo questi i luoghi dove si prendono decisioni: non uno per tutti per mezzo di delega, ma ciascuno e ciascuna nella mediazione delle relazioni politiche. Il partire da sé parla oggi di una politica che deve tenere in conto i tempi delle vite di quelle donne e quegli uomini che non possono o non vogliono stare continuamente alle date e alle scadenze della politica. </div>
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Il femminismo stesso non può più farne a meno se vuole realmente produrre uno spostamento di significato nella politica e nella vita delle donne. Partiamo allora dal lavoro prima di tutto. Dalla sua ridefinizione. Il lavoro che per tante delle generazioni trascorse è stato luogo di autorealizzazione, ricerca e autodefinizione di sé, per noi ha significato mancanza, sfruttamento, deprivazione, annullamento della distinzione fra tempi di vita e tempi di lavoro. Nelle trasformazioni del mercato del lavoro le femministe negli anni Novanta (femminilizzazione del lavoro) hanno giocato la carta del “portare tutto al mercato” per ridefinire priorità, tempi, modi, oggetti, valore/reddito. Ma oggi che il mercato è a tempo determinato, frammentato, precario, instabile, questo si traduce in espropriazione e isolamento. E il risultato è una precarietà, lavorativa ed esistenziale, che ci schiaccia sul presente, togliendoci tempi e spazi di condivisione, che vanno ri-pensati e ri-costruiti. Noi mettiamo al centro le condizioni materiali di vita delle donne, dentro e fuori il mondo del lavoro. <b><i>Liberare il lavoro di tutte e tutti deve assumere oggi uno spostamento che toglie il lavoro dal centro - in un atto che non è di perdita ma di potenziamento. </i></b></div>
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E’ una liberazione che passa dal superamento del modello di stato sociale disegnato addosso al maschio, bianco, operaio, lavoratore a tempo pieno, cittadino di diritto dello stato sociale che le donne non hanno mai pienamente abitato e che ora è, evidentemente, entrato in crisi. <b><i>Il reddito di esistenza è una delle nostre battaglie</i></b>, delle donne soprattutto, perché rappresenta l’alternativa al ricatto di fare di noi stesse una risorsa umana e la possibilità di sottrarsi al doppio sì (sì alla famiglia, sì al lavoro). E’ la strada per arrivare, finalmente, ad una cittadinanza compiuta. E’ la nostra scommessa sul futuro perché porta in carico una pratica di trasformazione radicale dell’esistente ridisegnando un nuovo immaginario in cui le nostre vite non siano subordinate al lavoro o alla mancanza del lavoro. Inoltre, agisce sulla liberazione dalle gabbie che molto spesso, anche per un sistema di welfare tutto familistico, ci siamo trovate costruite intorno. In un momento in cui la crisi agisce anche su un modello antropologico, dobbiamo trasformare il rischio di caduta verticale verso una ridefinizione del patriarcato più forte e violenta in possibilità che quel modello venga una volta per tutte superato. Dobbiamo provare ad incidere sulla politica e sul quotidiano: nell’aumento delle disuguaglianze, la famiglia non è più garanzia né risposta, bisogna fornire a tutte e tutti pari possibilità di autodeterminazione. </div>
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Non deleghiamo esclusivamente al reddito la nostra libertà di autodeterminarci: siamo consapevoli che la libertà non si esaurisce esclusivamente nell’acquisizione dei diritti, cosi come non ci sfuggono le molteplici forme in cui agisce e si rinnova il patriarcato. L’aumento dei casi di femicidio stride solo apparentemente con la libertà conquistata dalle donne. E’ il segno inequivocabile di un potere che sta franando, quello del “maschile” e su cui la società ha costruito il modello di sviluppo economico e culturale del nostro occidente; è l’emblema di un riposizionamento del conflitto tra i sessi, della vicenda del patriarcato, del suo potere ma anche del suo declino. Non si volta radicalmente pagina se non indaghiamo e problematizziamo insieme (donne e uomini) politicamente il terreno del potere, delle sue trasformazioni e della relazione con l’altro sesso. Vogliamo dunque ripensare le relazioni tra donne e tra donne e uomini, in un’ottica nuova, alla luce di tutti i mutamenti che complicano il desiderio maschile e femminile e che pongono l'urgenza di un nuovo partire da noi. Sentiamo il desiderio di parlarne assieme, perché solo in questo modo possono sorgere pratiche politiche radicalmente diverse, produzioni simboliche e proposte per un nuovo immaginario sociale. </div>
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Teresa Di Martino, Angela Ammirati, Maria Pia Pizzolante, Angela Lamboglia, Valeria Mercandino, Maria La Porta, Roberta Paoletti, Cinzia Paolillo, Federica Castelli, Laura Triumbari, Claudia Bruno, Danila Cotroneo, Francesca Esposito, Eleonora Mineo, Antonella Petricone, Eleonora Forenza, Anna Belligero, Chiara Meta, Ingrid Colanicchia, Sara Di Bella, Mariella Palmieri, Irene Cortese, Valentina Sonzini, Celeste Costantino</div>
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<br />diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-70536728271485013532012-07-07T09:58:00.000+02:002012-10-05T11:03:01.073+02:00Per il Reddito Minimo Garantito, per dare libertà allo spazio del comune<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiN_agFi3BAO-_7f7aK2HzNS8A3VIZp4ZJ-1kqHkW-7Ct6JSV5BQorlDQup5arQGew6UpnN84ZB_SDwI29mWdt5xXcP5M-NNYXX6n5BGfR7ADDDRRNSJ7nZKwr8x0SlDPHHF88vkdfX-mWe/s1600/logo.png" imageanchor="1" style="clear: left; cssfloat: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" sca="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiN_agFi3BAO-_7f7aK2HzNS8A3VIZp4ZJ-1kqHkW-7Ct6JSV5BQorlDQup5arQGew6UpnN84ZB_SDwI29mWdt5xXcP5M-NNYXX6n5BGfR7ADDDRRNSJ7nZKwr8x0SlDPHHF88vkdfX-mWe/s1600/logo.png" /></a></div>
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<i>Diversamente occupate aderisce alla campagna <b><a href="http://www.redditogarantito.it/#!/home" target="_blank">reddito minimo per tutte e tutti</a></b> per una proposta di legge di iniziativa popolare per l’istituzione del Reddito Minimo Garantito</i><br />
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Se siamo <b>diversamente occupate</b> è perché siamo lavoratrici e non solo, precarie e non solo, impegnate in occupazioni in cui mettiamo passione e responsabilità e da cui raccogliamo condivisione e pratica politica, non soldi, non riconoscimento sociale, non potere. Se siamo diversamente occupate è perché siamo partite dal lavoro per toglierlo dal centro, per ridefinirne i contorni, il ruolo nelle nostre vite, i modi e i tempi, le condizioni, dentro e fuori. Una di queste condizioni è il <b>reddito</b>, mediamente basso, da precarie appunto, sale o scende a seconda del tempo che investiamo nel lavoro retribuito e delle capacità di negoziazione con i vari datori di lavoro, ma non è solo questo. Il denaro, se intorno a noi tutto è privato, privatizzato o privatizzabile, non basta: è il reddito indiretto, sono i servizi pubblici, che ci permettono di migliorare le condizioni di vita, anche con un reddito diretto basso. Trasporti, sanità, scuola e università, cultura.<br />
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Dicevamo, al convegno <b>Iaph Italia</b> “<a href="http://www.iaphitalia.org/index.php?option=com_content&view=article&id=363:materiali-della-giornata-di-studi-qlavoro-o-no-crisi-delleuropa-e-nuovi-paradigmi-della-cittadinanzaq-roma-21-marzo-2012&catid=101:documenti-lavoro&Itemid=326" target="_blank">Lavoro o no? Crisi dell’Europa e nuovi paradigmi della cittadinanza</a>”, <i>se ci centriamo sul nostro presente, ci sembra che in un contesto di smantellamento del welfare e nella pressione di un lavoro che mentre ti sfrutta sembra l'unica strada di libertà, quello di cui abbiamo bisogno sia ricreare le condizioni per quella libertà prescindendo dal denaro. Pensare che sia possibile fare una serie di cose, avere possibilità, spazi di libertà, senza passare per lo scambio economico, ma attivando altre forme di scambio, e quindi relazioni, costruzione di spazi condivisi. Se dovessimo concretamente quali sono queste condizioni, diremmo servizi, diritto all'abitare, diritto all'istruzione, alla mobilità, alla cultura, alla salute, e più in generale diritto a un tempo fertile sottratto alle regole della produzione, non produttivo ma generativo. Tempo di condivisione, di studio, di pensiero, di relazione, di mobilitazione, che alla fine rende possibile liberare anche il tempo del lavoro. </i></div>
<div style="text-align: justify;">
Da qui ci ponevamo delle domande anche rispetto al tema del reddito: <i>Se il reddito servisse solo a rendere visibile, a riconoscerci, il di più che a lavoro portiamo, che ne sarebbe di tutto ciò che cade fuori dal concetto di produzione – materiale o immateriale che sia - come la intendiamo oggi? Le donne sanno che se i diritti vengono agganciati al lavoro, ci può essere sempre qualcuno che potrà dirti che il tuo non è lavoro, o è lavoro di serie b e quindi minare anche la cittadinanza. </i><br />
<br /></div>
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<i><br /></i></div>
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Se la cittadinanza passa anche dal riconoscimento di un <b>reddito minimo garantito</b> che sgancia la nostra libertà dalle condizioni di lavoro lo facciamo nostro, ma con una riserva: che non sia strumento sostitutivo di quello che si fa in comune, di quello riproduce lo spazio del comune. </div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Il reddito senza welfare ci pone in una condizione di isolamento, perché il reddito rischia di sostituire una serie di attività e relazioni che riproducono la comunità. Queste attività devono essere sottratte alla dimensione della moneta. Sono proprio queste attività che caratterizzano il tempo come fertile e ricreano spazi di libertà.</i></div>
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<a href="http://www.redditogarantito.it/"><b>www.redditogarantito.it</b></a></div>
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diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-55234052143421197072012-06-22T13:41:00.001+02:002012-06-26T14:07:13.316+02:00sabato 23 giugno alla Festa delle Oasi del Cambiamento<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOG7DXMXiygcsTvijSY_6cr9UlC_3biUvcUYDFydr7QFloeP3DpPI3PK2S-bLDhyphenhyphensXt1jFeBCh0-td9slTp8Dfvyb6mTMWGsJNoc4XCXoTjcFg3GjJ5ai3AJghnCADgWtqr_2P3m9wkkqj/s1600/diversamente+occupate1.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOG7DXMXiygcsTvijSY_6cr9UlC_3biUvcUYDFydr7QFloeP3DpPI3PK2S-bLDhyphenhyphensXt1jFeBCh0-td9slTp8Dfvyb6mTMWGsJNoc4XCXoTjcFg3GjJ5ai3AJghnCADgWtqr_2P3m9wkkqj/s320/diversamente+occupate1.JPG" width="320" /></a></div>
Sabato 23 giugno le diversamente occupate saranno presenti alla Festa delle Oasi del Cambiamento che si svolgerà presso il Parco della Madonnetta, ad Acilia, a partire dalle 16.00 e all'interno della quale saranno presentate ai cittadini e alle cittadine di Roma le prime quattro 'Oasi
del Cambiamento', siti distribuiti in quattro diversi quadranti della
capitale che ospiteranno una formazione continua sulle buone pratiche di
consumo, baratto, permacultura, riciclo dei rifiuti, risparmio
energetico, alimentazione e salute.<br />
<br />
Saremo presenti anche noi insieme ad altre realtà territoriali per sostenere questa iniziativa che "in questo momento di superficiale 'deserto', di apparente aridità di
valori e buone pratiche" pone l'accento sul desiderio di voler "abitare luoghi 'nutrienti' di incontro
e confronto, dove tutte e tutti possano 'attingere' a informazioni
utili e ritrovarsi per mettere in comune valori, progetti e prospettive e
ri-creare nel presente comunità che si muovano verso un futuro
migliore". <br />
<br />
Per chi volesse partecipare, qua sotto trovate il programma della giornata:<br />
<b><a href="http://www.ilcambiamento.it/evento/festa_oasi_cambiamento/" target="_blank">PROGRAMMA DELLA GIORNATA</a> </b><br />
<br />
enjoy! <br />
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<br />diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-23874022223473990092012-06-01T19:41:00.000+02:002012-10-05T10:58:59.291+02:00Per una coalizione per gli spazi pubblici a RomaLunedì 4 giugno 2012 (ore 18) presso la Città dell’Altra Economia di
Testaccio, Largo Dino Frisullo incontro pubblico per sostenere la
coalizione sociale per un’altra idea di città e di crescita. Dai mercati
alle caserme, dai teatri ai cinema, dai depositi auto-tranviari ai
luoghi di produzione dismessi, lavoriamo insieme ai comitati di
quartiere e all’associazionismo diffuso.<br />
<a href="http://www.ilquintostato.it/video/4-giugno-una-coalizione-per-ripensare-il-futuro-degli-spazi-pubblici-a-roma/" target="_blank">http://www.ilquintostato.it/video/4-giugno-una-coalizione-per-ripensare-il-futuro-degli-spazi-pubblici-a-roma/</a><br />
<br />
diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-70228578598334067762012-05-15T22:14:00.001+02:002012-10-05T11:03:27.129+02:00La meglio gioventù del nostro tempo<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgp-mY5eMRccLmZtIMQDjmePsvU_iZ8X2ANTykIfZS_0K6XYWB7SVTq_mgLdAwsoo_1mpJUk1DuNCzGxLwAHbzve05OzhSF9dTUIbrqzq5g51uB9aeXwYiCZ_VM3sqNYnPfoqjZdLg9eO3z/s1600/lameglio1.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgp-mY5eMRccLmZtIMQDjmePsvU_iZ8X2ANTykIfZS_0K6XYWB7SVTq_mgLdAwsoo_1mpJUk1DuNCzGxLwAHbzve05OzhSF9dTUIbrqzq5g51uB9aeXwYiCZ_VM3sqNYnPfoqjZdLg9eO3z/s320/lameglio1.png" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Sostiene questo Paese con idee, desideri, progetti, volontariato, azioni
concrete, scopre nuovi mondi e inventa il futuro. Eppure è sempre disoccupata,
in cerca di lavoro, precaria, senza stipendio.<br />
<div style="text-align: justify;">
Studia per dare il meglio di sé e migliorare le vite di tutti e di tutte, ma
una volta laureata è costretta ad andarsene.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>E’ composta da giovani donne che vivono in un Paese ancora a misura di vecchi
modelli maschili</b>, giovani donne che non trovano alcuna opportunità. </div>
<div style="text-align: justify;">
Produce ricchezza e non ha niente in cambio: i giovani operai perdono il
lavoro; i piccoli imprenditori sono costretti a chiudere l’attività.</div>
<div style="text-align: justify;">
Lavora ma in nero e sul lavoro rischia la propria vita e a volte la perde,
perché non ci sono tutele e perché allo Stato e alle imprese spesso non
interessa investire in sicurezza.</div>
<div style="text-align: justify;">
<b>L’arricchiscono ragazzi nati in Italia da genitori immigrati in Italia e che
non sanno se in futuro saranno riconosciuti italiani</b>.</div>
<br />
<br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Questa è la meglio gioventù del nostro tempo, la gioventù che detiene in
Europa il primato come Neet, l’acronimo in cui si ingabbia una generazione a
cui non viene riconosciuto quel che già fa o che non può più studiare,
lavorare, che non ha mai avuto l’opportunità di contribuire al cambiamento del
proprio Paese, mentre la disoccupazione giovanile sfiora il 36%.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
In nome di questa generazione il Governo Monti propone una riforma
sbagliata, una truffa per tutti e in primo luogo per i giovani. In nome di
questa generazione le politiche di austerity del Governo e della BCE cancellano
il futuro di tutti, perpetuando lo stesso modello che ha alimentato le
disuguaglianze, che ci ha condotto alla crisi economica e al fallimento di un
intero continente.<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
Il disegno di legge sul mercato del lavoro presentato dal governo non
risponde ai problemi principali che affliggono la vita di una generazione
intera:</div>
<div style="text-align: justify;">
- lascia intatta la giungla delle 46 forme contrattuali, comprese quelle che
il Governo aveva annunciato di voler eliminare;</div>
<div style="text-align: justify;">
- non estende gli ammortizzatori sociali, visto che l’assicurazione per
l’impiego lascerà fuori buona parte dei lavoratori precari;</div>
<div style="text-align: justify;">
- non prevede nessuna forma di reddito minimo;</div>
<div style="text-align: justify;">
- scarica l’aumento di costo dei contratti a progetto sulle buste paga dei
collaboratori;</div>
<div style="text-align: justify;">
- rappresenta una beffa per le reali partite iva che dovranno pagare di
tasca loro l’aumento dei contributi.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Le tante promesse del Governo non sono state mantenute, così i giovani sono
diventati il pretesto per precarizzare chi ha ancora un contratto stabile,
altro che tutelare i precari!</div>
<div style="text-align: justify;">
Si è cercato, in questi anni, di dividere i padri dai figli, le madri dalle
figlie, i “garantiti” dai “non-garantiti”. Noi pensiamo che ci siano oggi, come
ieri, i ricchi e i poveri, chi vive di sfruttamento e speculazione e chi vive
di lavoro. Per questo vogliamo mobilitarci assieme ai nostri padri e alle
nostri madri, perché vogliamo unire due generazioni nella difesa dei diritti e
nella lotta contro la precarietà, perché non è vero che non c’è alternativa
alla disperazione attuale. I suicidi di questi giorni ci parlano di questo:
quando si parla di “salva Italia” bisognerebbe pensare a quelle vite spezzate e
alle tante solitudini che la precarietà e le disuguaglianze hanno creato.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La precarietà non è un’emergenza del mercato del lavoro, è il più grande
attacco alla democrazia italiana degli ultimi decenni. La precarietà significa
essere costretti a sopravvivere e si manifesta nella fotografia del diritto
allo studio negato, delle scuole che crollano, dell’aumento delle tasse
all’università, dell’impossibilità di scioperare o dire no di fronte a un
sopruso sul lavoro, di non poter amare la nostra compagna o il nostro compagno,
di pagare un affitto o comprarsi una lavatrice ed essere indipendenti, così
come lo sono i giovani nel resto d’Europa.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Per noi la precarietà è il messaggio che da vent’anni una classe dirigente
ci trasmette: andatevene. Noi vogliamo restare, cambiare le nostre vite e dare
un presente al nostro Paese.</div>
<div style="text-align: justify;">
Vogliamo poter dire che il nostro problema è la precarietà e l’impossibilità di
costruirci un futuro. <b>Ancora prima del posto fisso e dell’articolo 18, ci
interessa costruire un paradigma diverso, un altro modello di sviluppo e un
welfare diverso, che ricomponga le sue basi sui principali diritti di
cittadinanza</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Abbiamo proposte migliori di quelle del Governo. Noi chiediamo di investire
su Università e Ricerca, di riconvertire ecologicamente il nostro sistema
industriale per creare buoni e nuovi posti di lavoro.</div>
<div style="text-align: justify;">
Chiediamo un modello di welfare universale, finanziato dalla fiscalità generale
e da una patrimoniale che colpisca chi finora non ha mai pagato la crisi:
rendite parassitarie, profitti finanziari, grandi capitali. Un welfare che si
faccia promotore e fattore di crescita, personale prima che economica, e
insieme garanzia di diritti e tutele.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Chiediamo che venga bandita sul serio la truffa della precarietà. Ad un
lavoro stabile deve corrispondere un contratto stabile e i diritti fondamentali
devono essere estesi a tutte le forme di lavoro: l’equo compenso, il diritto
universale alla maternità/paternità e alla malattia, i diritti sindacali, il
diritto ad una pensione dignitosa, la continuità di reddito nei periodi di non
lavoro, la formazione continua.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Chiediamo infine un reddito minimo, fatto di sussidi e servizi, per garantire
la dignità della vita e del lavoro com’è in tutti i paesi europei (e come
definito nella risoluzione del Parlamento europeo 2010/2039, approvata a
larghissima maggioranza il 20 ottobre scorso).</div>
<div style="text-align: justify;">
E’ necessaria una grande mobilitazione contro la precarietà, per il reddito,
per i saperi e per l’estensione dei diritti e delle tutele: per un Paese
diverso e per una nuova idea di cittadinanza, fuori e dentro il lavoro.</div>
<div style="text-align: justify;">
L’alternativa è il cambiamento, non il mantenimento di pochi diritti e o la
versione soft ma non meno triste della precarietà.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Vogliamo un altro Paese e un’altra politica</b>. E vogliamo dirlo noi, non lasciamo
più che siano altri a farlo.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Scendiamo in piazza il 26 maggio</b>. Per riprenderci il nostro Paese. Noi, la
meglio gioventù del nostro tempo precario.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il nostro tempo è adesso. La vita non aspetta.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://lamegliogioventu.org/" target="_blank">www.lamegliogioventu.org </a></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-85872761727663652092012-05-04T17:13:00.001+02:002012-10-05T10:57:51.351+02:00Ricalcolare il percorso<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 28.3pt 0cm 21.3pt; text-align: right;">
<i><span style="color: black;">Intervento per il V incontro della Scuola oltre la crescita, </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 28.3pt 0.0001pt 21.3pt; text-align: right;">
<i><span style="color: black;">Roma, Casa Internazionale delle Donne, 3 maggio 2012</span></i><br />
<i><span style="color: black;">di Claudia Bruno</span></i><i><span style="color: black;"> </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 28.3pt 0.0001pt 21.3pt; text-align: justify;">
</div>
<span style="color: black;"> </span>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;"></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTjBrWJ5lisQvWCTyOBoRvPxd21umq06UMTaBrElw4jVsEVVaxpe3u8oro7YG-ymZVjJUQFGogHtCmyyoan8LQ0ylZeIpEzg2N8AWTHf1p-4yBnYyr3-0Uz9tWkh7a8pwyEUbRJSv8Dc_V/s1600/inversione.gif" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="150" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTjBrWJ5lisQvWCTyOBoRvPxd21umq06UMTaBrElw4jVsEVVaxpe3u8oro7YG-ymZVjJUQFGogHtCmyyoan8LQ0ylZeIpEzg2N8AWTHf1p-4yBnYyr3-0Uz9tWkh7a8pwyEUbRJSv8Dc_V/s200/inversione.gif" width="200" /></a></div>
<span style="color: black;">Vorrei articolare la mia testimonianza come un itinerario a
tappe dove ognuna di queste è segnata dal 'ricalcolare il percorso'[1] </span><span style="color: black;">rispetto a
quello che si era previsto in partenza. Prendo in prestito questa metafora dalle
nuove tecnologie dello spazio per raccontare come è cambiata la mia vita negli
ultimi quattro anni, un’immagine che mi sembra calzante per i nostri tempi, dove le esistenze sono
chiamate a misurarsi esclusivamente sul presente, e che può aiutarmi a spiegare
però, anche come nell’epoca delle vie ‘obbligate’ e delle strade ‘senza
uscita’, di fatto in più di un senso è stato possibile mettere in pratica delle
strategie per non cedere al ‘ricatto occupazionale’, cioè quello di lavorare a
qualsiasi condizione. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="color: black;">“Alla rotonda, togliere il lavoro dal centro”</span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Il primo aggiustamento ha riguardato l’immaginario sul
lavoro.</span><br />
<br />
<span style="color: black;"></span><br />
<a name='more'></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Dai 23 ai 24 anni ho lavorato all’interno della sede
nazionale di un grande ente pubblico, un ministero. Le mie giornate erano
composte così: 8-9 ore di ufficio, 3-4 ore di spostamenti e attese in fermata
di bus, treni e metro. Nei weekend e la sera scrivevo per un giornale locale e
studiavo per l’università. Il mio luogo di lavoro era un ufficio, in dodici
mesi ne ho cambiati quattro e ho passato molto tempo senza avere un pc e una
connessione per poter lavorare adeguatamente. La cifra scritta sul mio
contratto era corposa, anche se i soldi sono arrivati molti mesi dopo la
prestazione. Potrei definire questo periodo come una continua attesa: attesa
dello stipendio, attesa del rinnovo dei contratti, attesa di un computer,
attesa di una stanza adatta, attesa del benestare dai vari uffici
amministrativi per autorizzare il minimo cambiamento o iniziativa, attesa di
mail e notizie che non arrivavano, attesa di treni e bus, attesa di tornare a
casa per ‘fare tutto il resto’ di cui avevo necessità. La percezione che si
affinava nei mesi era proprio quella del ‘furto di tempo’. Credo che il
ricalcolo del percorso sia avvenuto mentre aspettavo che arrivassero i
materiali di una campagna che seguivo insieme ad altri ragazzi e che si intitolava,
per una perversa legge del contrappasso ‘<i style="mso-bidi-font-style: normal;">I
giovani non devono più aspettare’</i>. Me ne andai dicendomi che qualsiasi
fosse il compenso, non volevo più starmene chiusa in un ufficio per tutte
quelle ore, sequestrata viva al mondo fuori.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Quando incontrai quelle che oggi sono le Diversamente
occupate (</span><span style="color: black; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">collettivo femminista composto da otto donne tra i 27 e i
30 anni, con cui ci siamo incontrate anni fa all’interno della redazione di Dwf
- rivista storica del femminismo romano, che ha sede qui alla Casa</span><span style="color: black;">) non avevo ancora dato un nome a questa decisione. Cominciammo a
parlare di come vivevamo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">il lavoro</i>,
di come ci percepivamo rispetto a questa dimensione. Non ci bastava la parola
“precarie”, come ci chiamavano. Non ci sentivamo “disoccupate”, anche se molte
di noi al momento non avevano un vero e proprio contratto di lavoro. In modi
differenti ma intersecati le nostre vite erano un concentrato saturo di
occupazioni, ma non avevamo le parole per dirlo. Così un po’ per scherzo e un
po’ no ci siamo definite “Diversamente Occupate” che poi è diventato anche il
titolo di un numero che abbiamo curato per Dwf e il nome del nostro blog.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Dopo tre anni di attività insieme è successo che dall’immaginario
dominante del lavoro come valore ultimo da inseguire a tutti i costi e a
qualsiasi condizione ci siamo mosse: abbiamo riletto in chiave critica la
cosiddetta ‘femminilizzazione’ del mercato, abbiamo smascherato la ‘retorica
della flessibilità’ – grande equivoco dei nostri tempi, un concetto frainteso
che troppo spesso si è andato a sovrapporre a quello di 'disponibilità
permanente', condizione tutt’altro che flessibile -, in un certo senso “abbiamo
tolto il lavoro dal centro” e ci abbiamo messo le nostre esistenze. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Ragionare in termini di diritti è stato inevitabile, e ci
siamo rese conto di come oggi quello del lavoro non sia più un diritto
inclusivo ma prepotentemente esclusivo, basato sulle disponibilità economiche e
di salute individuali, sulla legge del più forte, quindi su una visione
competitiva e individualista, oltre che su un welfare a costo zero che si regge
sulle famiglie e in particolar modo sulle attività di manutenzione
svolte gratuitamente ancora perlopiù dalle donne. Sintomi, questi, del fatto che attualmente il
diritto al lavoro così com’è confezionato, in un paese come il nostro, e non
solo, è di fatto insufficiente a funzionare come motore e collante di una società
e non può esserne fondamento. È necessario pensare a un modello di giustizia sociale
capace di fare i conti con quello che realmente sta accadendo e rivolgere
l’attenzione a un diritto più pieno di cittadinanza che significhi diritto
all’esistenza, alla vita. Va ridefinito cos’è lavoro, quindi, e vanno rese
visibili le connessioni tra diritto al lavoro e diritto ai servizi, all’abitare,
alla salute, al cibo di qualità, all’aria pulita, all’acqua pubblica e buona, alla
terra fertile, ai saperi, alla maternità, al tempo.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Attualmente non abbiamo strumenti condivisi per fare questo.
Io vedo che ognuno si sta arrangiando per sé o in piccoli gruppi, e questo da
una parte mi consola, perché capisco che sotto la superficie strisciano energie
vitali che resistono al fascino soporifero delle vecchie strutture e
sovrastrutture, dall’altra mi fa rabbia perché siamo ancora nel regime del “si
salvi chi può, tutti gli altri periscano pure”. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="color: black;">“Tra duecento metri, negoziare tempi, spazi e desideri”</span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Il secondo aggiustamento ha riguardato la negoziazione di
tempi, spazi e desideri. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">L’allontanamento dal modello dell’ufficio è coinciso per me
con il lavoro ‘a distanza’ come redattrice web e giornalista. Componevo insieme
più part-time per raggiungere un reddito soddisfacente rispetto agli standard e
potevo lavorare da qualsiasi luogo, l’importante era che ci fosse il mio pc. Una
transizione dal posto ‘fisso’ al posto ‘flessibile-nomade-delocalizzato’, in
tutti i sensi. Per lo più, in realtà, lavoravo dalla mia stanza di figlia, ma
non mi percepivo collocata da nessuna parte. Nonostante riuscissi ad accumulare
un reddito intero seduta alla mia scrivania, i miei genitori continuavano a
confondersi chiedendomi la sera se avevo ‘finito di studiare’, e a domandarmi
se avevo mandato cv per trovare un lavoro ‘vero’. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Le mie giornate erano così composte: 9-10 ore al pc tra
lavori pagati e attività di pensiero non pagate, seduta a una scrivania,
riduzione al minimo di relazioni sociali, assenza totale di attività pratiche o
manuali (mia madre le faceva per me), forti mal di schiena, infiammazione del
tunnel carpale, cali della vista, cali di umore, abbrutimento. Del lavoro in
ufficio mi mancava soprattutto lo scambio con le colleghe e i colleghi, il
camminare, l’incontro con altri sul treno la mattina, quella piccola comunità itinerante
che si rincontrava ogni giorno sullo stesso vagone raccontandosi in venti
minuti. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Questo è stato forse il tratto più difficile della
transizione. Allo stesso tempo, però, è servito in modo insostituibile come
laboratorio per iniziare a capire sul mio corpo cosa significasse negoziare con
altri e con me stessa per una qualità di vita più soddisfacente.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Mentre facevo i conti con il lavorare dalla mia stanza, con
le Diversamente occupate approdavamo alla consapevolezza di poter esercitare
una forza nei contesti lavorativi che fino a prima ci avevano assorbite e
digerite dietro al nascente mito della flessibilità di tempi, spazi e
relazioni. Non ci bastava che il mercato ci avesse incluse, ci interessava
capire a quali condizioni potevamo starci dentro come donne. Noi adesso
volevamo dire “Lavoro, se e solo se”: un’operazione ambiziosa, quella di
pretendersi autrici di condizioni, laddove il lavorare incondizionato (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">a tutte le ore-in tutti i luoghi-per
qualsiasi fine-anche gratis</i>) rappresenta l’unica modalità di stare nel
mercato. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">La forza nostra era la forza che viene dalle relazioni,
relazioni che – adesso avevamo capito - potevamo stringere tra noi, con altre e
altri dentro e fuori dai progetti per cui eravamo pagate. Ormai per noi era
evidente che: l’isolamento, l’atomizzazione, non fanno che renderci ricattabili
e senza alcuna scelta. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="background: none repeat scroll 0% 0% yellow; color: black;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">In un certo senso, insieme, ci stavamo scrollando di dosso
l’immaginario dell’ansia sul futuro per riappropriarci del “presente” inteso
come condizione più piena di esistenza, presa sulla realtà, e non come gabbia
di senso eterodiretta. Abbiamo iniziato, ognuna a suo modo, a riprenderci le
nostre vite.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="color: black;">“Alla fine della strada, fate inversione a U”</span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Il terzo aggiustamento è ancora in corso e per me ha
riguardato più da vicino una decrescita - inversione di rotta, transizione, se ci piace di più chiamarla così - che ha aperto lo spazio ad evoluzioni e
salti in avanti. Tra le Diversamente occupate è circolata per mesi la frase
“voglio una vita che mi assomiglia”, e ognuna di noi secondo me a un certo
punto si è messa in cammino per avvicinarsi quanto più possibile alla
realizzazione di questo desiderio. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Per me, quindi parlo a titolo strettamente personale,
questo avvicinamento è significato lavorare da casa, non più da una stanza di
figlia ma da uno spazio abitativo che condivido con il mio compagno, lavorare meno
ore, guadagnare meno denaro di prima, per un progetto che condivido e che tiene
insieme lavoro e politica; ripensare quindi il reddito come composto di denaro e di quello
che con le Diversamente occupate abbiamo chiamato ‘tempo fertile’, che per me è lo spazio vuoto che non deve avere la fretta di essere riempito, condizione
fondamentale affinché si manifesti la possibilità di generare qualcosa. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">In questo tempo (fertile) <u>non</u> ci metto la
manutenzione[2] di spazi abitativi e corpi, che le donne della mia generazione
stanno tentando faticosamente di condividere con i propri compagni, una sfida
storicamente importante, perché da un lato lascia andare una parte di potere
sulla gestione del quotidiano che per genealogia una donna si trova già tra le
mani, dall’altro prende le distanze dalla cultura della conciliazione tra
‘tempi di vita e tempi di lavoro’ come problema esclusivamente femminile, e dal
mito di quella che io chiamo la ‘wonder-woman multitasking’, un’etichetta
carina per nominare in positivo lo sfruttamento dei nostri corpi e delle nostre
intelligenze. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">A proposito di conciliazione e di modelli di sviluppo, ad
esempio, l’idea che un elettrodomestico possa liberare una donna - circolata
tra le nostre madri, le prime ad essere entrare nel mercato del lavoro - non
discute minimamente l’assunto che la manutenzione del domestico sia un problema
prevalentemente femminile e insieme svalorizza il saper fare e ci rende
dipendenti dal petrolio anche nelle più piccole azioni quotidiane. Quello che
sta succedendo oggi nelle nostre case – accogliere la sfida della condivisione all’interno
delle nostre convivenze – da una parte è inevitabile storicamente (anche se i
governi non ne prendono atto, pensiamo all’<a href="http://diversamenteoccupate.blogspot.it/2012/03/inclusione-conciliazione-e-condivisione.html" target="_blank">ultima proposta</a> ridicola di congedo
di paternità obbligatorio, pari a tre giorni continuativi), dall’altra la
interpreto come una forma di disobbedienza all’immaginario della famiglia
nucleare eterosessuale che fa perno sull’assunto che ogni donna anche se
lavoratrice dev’essere ‘angelo del focolare’, figura illustrata bene da
Virginia Woolf negli anni '30[3] e che poi la cultura della crescita economica ha
trasformato in un <i>cyber-angelo del focolare</i>, esperto di elettrodomestici e
incline a dialogare con robot da cucina e folletti aspirapolvere.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Tornando alla ridefinizione del mio reddito, nel tempo
fertile ci metto invece: il pensiero, la scrittura, la cura delle relazioni
(che è altra cosa rispetto all’accumulazione di contatti), la politica (anche se alcune parti della politica sono anch'esse lavoro di manutenzione),
l’impegno per cambiare, lo studio e la ricerca fuori dalle istituzioni, quindi la formazione continua, l’amore, la sessualità, la possibilità
di maternità, la cura dell'alimentazione, la cura degli spazi abitati, la cura del corpo, il
silenzio, l’ozio. Molte di queste attività, non tutte materiali, praticamente
tutte nell’ordine della necessità e in connessione con la felicità, non possono
essere delegate attraverso l’acquisto, hanno bisogno di tempo per essere fatte
e condivise.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Io credo che il grado di libertà di un paese potrebbe
essere misurato in relazione alla presenza o meno di questo tempo nella vita di
ognuna/o. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 28.3pt 0.0001pt 21.3pt; text-align: justify;">
<span style="color: black;"> È esattamente la disposizione a generare, la fertilità – fisiologica
o simbolica che sia – che il regime di precarietà va a intaccare e inibire.
Penso al nostro dover essere sempre accesi, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">always
on</i>, dover rispondere sempre di sì ad ogni offerta. Le nostre vite sono
caricate di una tale moltiplicazione di progetti e accumulazione di contatti che
spesso siamo impediti nel movimento perché saturi, paralizzati rispetto a un cambiamento
reale, in modo molto simile a cosa avviene quando si ha paura. In quest’ottica
anche il tanto esaltato ‘fare rete’ da opportunità può rivelarsi una trappola
per pesci stanchi di nuotare. È questo che si intende, credo, quando si dice che la
‘precarietà rende sterili’.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Tornando ai miei incroci e rotatorie, dopo aver rifiutato due proposte importanti di crescita di
stipendio e posizione all’interno di due realtà per cui avevo lavorato, ho
intrapreso quindi insieme ad altri colleghi e colleghe giornalisti e attivisti,
il sentiero del progetto di informazione libera con la redazione de <i>IlCambiamento.it, </i>che forse alcuni di voi conosceranno, e che dà spazio ad
approfondimenti di informazione, formazione e azione sui temi della decrescita,
della sostenibilità e dei nuovi stili di vita.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Con questa redazione, in
un certo senso, io sto ripensando il lavoro a partire dal percorso politico e
di pensiero fatto. Siamo tutti giovani, tutti precari, tutti senza tutele, e
violati nei diritti. Che libertà ci resta in mano per cambiare rotta? Poca e
tanta insieme.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 28.3pt 0.0001pt 21.3pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 28.3pt 0.0001pt 21.3pt; text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Oltre al tipo di informazione che facciamo, alcuni esempi
pratici: </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Le forme di finanziamento che abbiamo scelto escludono
finanziamenti statali all'editoria, finanziamenti di partito, finanziamenti di investitori non in linea con la nostra
visione. Al momento a sostenere il nostro progetto è l’associazione PAEA,
progetti alternativi per l’energia e l’ambiente e un sistema misto di
sottoscrizioni e pubblicità etica, quindi siamo più precari di quanto già non dovremmo essere. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Cerchiamo di creare tra noi una rete di solidarietà che compensi
l’insicurezza di welfare in cui ci troviamo. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">A proposito di pratiche non mediate dal denaro, faccio un esempio forse stupido ma efficace: per il
compleanno ci regaliamo a vicenda un giorno libero, questo significa lavorare
un po’ di più per coprire il lavoro del collega il giorno del suo compleanno. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 28.3pt 0.0001pt 21.3pt; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Abbiamo da poco ospitato un progetto in divenire che si
chiama ‘Ufficio di scollocamento’, che vuole essere uno sportello di servizio
per chi vuole o deve cambiare vita, e che si pone come uno spazio di formazione
per prendere le distanze dal modello dominante della dipendenza da lavoro incondizionato, che va di pari passo con quello del consumismo sfrenato. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 28.3pt 0.0001pt 21.3pt; text-align: justify;">
<span style="color: black;"><br /></span></div>
<span style="color: black;"></span><br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<b><span style="color: black; font-weight: normal;">Per chiudere, eccomi
qua oggi: ventotto anni, nessuna soluzione in mano, a ripartire dalle relazioni
e a fare i conti su più fronti con quello che mi viene da chiamare 'ritorno al domestico' [4]</span></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="color: black;">.</span></b><span style="color: black;"> </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Per quanto riguarda le relazioni, mi viene in mente quello
che mi ha risposto una donna di 30 anni che si chiama Deborah e fa parte come
facilitatrice del movimento nazionale delle città di Transizione e che è andata
a vivere con il suo compagno in un borgo vicino Perugia. Quando le ho chiesto
in un’intervista cosa significasse per lei ‘essere vicini’ mi ha risposto che
significa essere “davvero dipendenti l’uno dall’altro”, e mi ha fatto l’esempio
del suo vicino di casa che fa il formaggio che lei mangia e che non vuole né autoprodursi, né acquistare al supermercato. Ecco, questo mi ha fatto molto
pensare alla attuale condizione di 'vicinanza' con alcune persone. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 28.3pt 0.0001pt 21.3pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 28.3pt 0.0001pt 21.3pt; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Non ho firmato nessun contratto che sancisca una
mia dipendenza da qualcuno o qualcosa, ma posso dire di essere davvero dipendente da Daniel, il direttore
del giornale che gestiamo quotidianamente, con il quale immagino ogni giorno le sorti
dei nostri progetti comuni e del nostro futuro prossimo; di essere davvero dipendente dal mio compagno, con
cui condivido economie e attività di manutenzione quotidiane e che ha una
attenzione e una conoscenza della cucina che io non ho; di essere davvero
dipendente dalla mia famiglia con cui condivido beni materiali, cibo,
assistenza, affetto; di essere davvero dipendente dalle mie compagne di
politica, con cui scambio libri, passaggi in macchina, idee, annunci di lavoro
e soprattutto strategie di sopravvivenza. Non so dire se tutto questo sia un bene, perché a
volte vivere con l’impressione che se venisse meno un nodo di questa rete verrebbe meno anche una parte della tua libertà è a dir poco spiazzante,
soprattutto venendo fuori da un modello dove per mezzo del denaro hai l’illusione
che la tua libertà non venga mai meno perché dipende da un sistema di deleghe a
terzi piuttosto che dalla relazione con persone in carne e ossa. Comunque, non potendo giudicare, per ora mi limito a constatare quello che accade:
proprio nel momento in cui ci ripetono ovunque che siamo "tutti sostituibili",
si creano reti di solidarietà in cui ognuno è insostituibile per l'altro. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Su quello che prima ho chiamato ‘ritorno al domestico’,
devo fare un inciso, perché è fondamentale rendere visibile la posizione da cui
si parla: per tornare a casa bisogna disporre di uno spazio da abitare, e oggi
abitare non è un diritto ma un privilegio, io in questo senso mi sento in
dovere di dire che ho avuto la possibilità di accedere a questo privilegio, ma
non mi basta. È una questione di giustizia, che non svanisce quando giro le
chiavi nella toppa e mi chiudo la porta alle spalle. Sono stata all’Aquila, due
anni dopo il terremoto, e quelle macerie, le crepe lungo i muri delle abitazioni del centro 'bene', ora un centro fantasma, mi hanno parlato soprattutto di
questo: che i confini tra casa tua e il mondo sono adesso completamente permeabili,
dobbiamo prenderne atto. Camminare lungo le strade del centro dell’Aquila per
me è stato come camminare lungo la ferita aperta di reciproche indifferenze
durate troppi anni, giustificate e protette dai perimetri di cemento armato
degli appartamenti familiari. La sfilza di chiavi delle abitazioni crollate,
appese per strada, per me sono state una potente testimonianza del fatto che
non possiamo più separare quello che succede tra le mura di quel cemento e ciò che accade fuori. Al terremoto materiale se ne aggiunge uno di senso quindi. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">In secondo luogo, come donna, sulla mia pelle ho provato
che ‘tornare a casa’, anche quando si tratta di lavoro, non è mai un
passaggio semplice, perché si porta dietro il carico di una ineliminabile
memoria storica, quella delle donne che sono venute prima, e che hanno lottato
per uscire e far sentire la loro voce in uno spazio condiviso. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Dall’altra parte, mi sembra che accanto alla ormai
frequentata affermazione che “per cambiare il mondo bisogna varcare l’uscio di
casa”, stia prendendo corpo la consapevolezza che “l’unica rivoluzione
possibile è quella che inizia da casa tua”. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Penso alle pratiche di sostenibilità che molti di noi
stanno intraprendendo: dal consumo di prodotti alimentari o per la casa
biologici ed ecologici, alla coltivazione di un orto in balcone, alla riduzione
dei consumi, alla raccolta differenziata, alle scelte energetiche e abitative
meno impattanti, allo scambio di prodotti, pratiche e idee nel corso di
riunioni che si svolgono dopo il lavoro nelle case... L’attraversamento del
confine tra domestico e politico, innescato anni fa proprio dalle donne con
quel <i style="mso-bidi-font-style: normal;">il personale è politico</i>, mi sembra
che oggi si voglia concedere tutte le direzioni possibili, aprendo la strada
all’inclusione del politico nel domestico. Uno sconfinamento che rischia di
essere indigesto per la nostra cultura politica, tanto più per una donna, e che
quindi credo vada necessariamente ripensato.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: black;">Se non fosse per il fatto che non si tratta esattamente di
‘un ritorno a casa’, sarebbe una
questione noiosa da porsi. Ma tornare indietro è impossibile quando è lo
sguardo ad essere mutato, e forse <i>tornare a casa</i> non ha soltanto a che fare con
il luogo da cui veniamo, ma con quello verso cui siamo in movimento. Credo che
dovremmo ripartire da qui, prendere a misura la dimensione ‘domestica’ (e <i>non </i>‘addomesticata’) delle nostre esistenze per capire dove stiamo andando. Se non
ripartiamo dallo stile di vita che vogliamo, dalla <i>vita che ci assomiglia</i>, ho
l’impressione che non ci spingeremo molto lontano da qui.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 21.3pt; margin-right: 28.3pt; margin-top: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 28.3pt 0.0001pt 21.3pt; text-align: justify;">
<span style="color: black;"><span style="font-size: x-small;"><i>Note a margine</i></span></span><br />
<span style="color: black;"><span style="font-size: x-small;"><i>1. l'immagine del ricalcolare il percorso è spuntata fuori durante una lezione di canto, sono in debito di immaginario, quindi, con la mia insegnante Carla, che l'ha usata per farmi capire come funziona la voce nel corpo, come accade per tutti i conflitti tra il vecchio e il nuovo che ci portiamo addosso, è difficile farla uscire dal sentiero già calpestato. Ma questa è un'altra storia!</i></span></span><br />
<span style="color: black;"><span style="font-size: x-small;"><i>2. Sulla distinzione tra manutenzione e cura rimando alle <a href="http://unionedonne.altervista.org/index.php/intervento-di-pina-nuzzo.html" target="_blank">parole di Pina Nuzzo</a>, delegata nazionale UDI fino al 2011 </i></span></span><br />
<span style="color: black;"><span style="font-size: x-small;"><i>3. Consiglio di lettura, Virginia Woolf, 'Professioni per le donne', 1931 </i></span></span><br />
<span style="color: black;"><span style="font-size: x-small;"><i>4. Consiglio di lettura, Sandra Burchi 'Lavorare in casa. Racconti di uno strano ritorno', Genesis, VII/1-2</i></span></span><span style="font-size: small;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif"; line-height: 115%;"><i></i></span></span></div>
diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-60321263424534319322012-04-30T11:57:00.001+02:002012-10-05T11:01:14.677+02:00giovedì 3 maggio, diversamente occupate alla Scuola 'Oltre la Crescita'<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
</div>
breve segnalazione: giovedì 3 maggio alle ore 17,45 alla Casa Internazionale delle Donne di Roma, le Diversamente occupate partecipano con una testimonianza
al quinto incontro della Scuola ‘Oltre la Crescita’: si parlerà di
lavoro, di crisi, di donne,
di altre economie e percorsi di vita alternativi al modello dominante.
per chi si trova a Roma e dintorni e ha interesse a partecipare, sarà
lasciato ampio spazio al dibattito. l’incontro è aperto a tutte e a
tutti!<br />
<br />
<a href="http://www.ilcambiamento.it/evento/scuola_oltre_crescita_lavoro_societa_globale/" target="_blank">Qui il PROGRAMMA della GIORNATA</a><br />
<br />
diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com0Via della Lungara, 19, 00165 Roma, Italia41.8944841 12.46604841.8915291 12.4611125 41.8974391 12.4709835tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-20099187216583086002012-04-21T16:22:00.000+02:002012-04-21T16:22:13.138+02:00Appello del Quinto Stato: Se chi ci governa non sa immaginare il futuro, proveremo a farlo noi.<!--[if gte mso 9]><xml>
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<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 36pt;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 36pt;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 36pt;">
Siamo
<b>lavoratrici e lavoratori della conoscenza, dello spettacolo, della cultura e
della comunicazione, della formazione, autonomi e precari del terziario
avanzato</b>. Lavoriamo con la partita IVA, i contratti di collaborazione, in
regime di diritto d'autore, con le borse di studio, nelle forme della
microimpresa e dell'economia collaborativa. Siamo cervelli in lotta, non in
fuga, ovunque ci troviamo. Ci occupiamo di cura della persona, della tutela del
pa<span style="white-space: pre-wrap;"><span style="color: #222222;"></span>trimonio artistico. Ogni giorno produciamo beni comuni intangibili e necessari: intelligenza, relazioni, benessere sociale.<span style="color: #222222;"> </span></span></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 36pt;">
<span style="white-space: pre-wrap;"><span style="color: #222222;"><br />Siamo il grande assente nel dibattito sulla riforma del mercato del lavoro, tutto concentrato sullo </span><span style="white-space: pre-wrap;">strumentale dibattito sull'articolo 18</span><span style="white-space: pre-wrap;">. Questa riforma sta facendo passare, in sordina, la decisione di aumentare l’aliquota previdenziale per le partite IVA di 6 punti, dal 27 al 33%. Una scelta gravissima, che inciderà sulla vita delle lavoratrici e dei lavoratori iscritti alla gestione separata INPS. Già dal prossimo settembre almeno un milione e trecentomila persone vedranno il proprio reddito nuovamente tagliato, </span></span><span style="white-space: pre-wrap;">senza alcuna speranza di percepire in futuro una pensione dignitosa</span><span style="white-space: pre-wrap;"><span style="color: #222222;">.</span></span></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 36pt;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="white-space: pre-wrap;"><span style="color: #222222;">Ecco l’anomalia scandalosa del mondo del lavoro italiano: dove di fatto, a chi non ha un contratto da
dipendente a tempo indeterminato, non viene riconosciuta piena cittadinanza costituzionale. In questo stato di discriminazione vivono almeno altri quattro milioni di persone la cui condizione di precarietà, tanto nella pubblica amministrazione quanto nel privato, non viene affrontata dal ddl in discussione in Parlamento se non mediante un contratto di apprendistato valido fino ai 29 anni di età. Ossia con una misura che da una parte complica il panorama delle forme contrattuali atipiche – già oggi 46! - dall’altra tenta di occultare una
realtà ineludibile: nei prossimi vent’anni la nostra società sarà sempre più fondata sul lavoro indipendente.</span></span></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="white-space: pre-wrap;"><span style="color: #222222;">Invece di tutelare un terzo della forza lavoro attiva in Italia, oggi si preferisce trattare sei milioni di persone a mo’ di bancomat per tenere in vita un sistema fallimentare. Si continua a non prendere in considerazione la possibilità di un reddito di cittadinanza, una delle forme di welfare</span><i><span style="white-space: pre-wrap;"> </span></i></span><span style="white-space: pre-wrap;">in grado di contrastare l’enorme processo di esclusione sociale in corso. <b>L'Italia resta l'unico Paese europeo, insieme alla Grecia, a non garantire protezioni sociali per tutti i lavoratori</b>. La “nuova” assicurazione sociale (ASPI) non è che il vecchio sussidio di disoccupazione, praticamente inaccessibile a chi svolge un'attività indipendente.</span></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="white-space: pre-wrap;"><span style="color: #222222;">Non vogliamo restare i paria di questa società e riteniamo fondamentale fermare, e ridiscutere radicalmente, le misure contenute nel ddl del Ministro Fornero. Perché oggi è in gioco molto più di una legge: si tratta – è impossibile non vederlo – del futuro del nostro Paese e della nostra civiltà. Per questo sentiamo la necessità di creare una coalizione del lavoro indipendente e precarizzato, tra chi è a rischio di povertà e le persone alla permanente ricerca di occupazione. </span></span></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="white-space: pre-wrap;"><span style="color: #222222;">Questo è il momento di promuovere, oltre i confini delle singole categorie, la consapevolezza di un obiettivo comune: <b>creare il diritto effettivo e universale di cittadinanza e un dovere di solidarietà sociale</b>.</span></span></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="white-space: pre-wrap;"><span style="color: #222222;">Accanto alla regolazione dei rapporti contrattuali, qualsiasi riforma deve prevedere la tutela di tutte le persone nel cosiddetto “mercato” del lavoro. È necessario riconoscere nuovi diritti sociali fondamentali per le lavoratrici e i lavoratori autonomi in maternità o paternità, in malattia, nella transizione tra impieghi; diritti che garantiscano una retribuzione adeguata «e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa», com’è sancito dall'art. 36 della Costituzione.</span></span></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="white-space: pre-wrap;"><span style="color: #222222;">Ciò impone scelte coraggiose nelle politiche economiche, sociali e culturali, improntate alla democrazia e alla trasparenza, al rispetto della vita e della dignità di tutti i cittadini e di tutte le persone che vivono e lavorano nel nostro Paese. Richiede una visione generale della società, una visione di cui avvertiamo drammaticamente l’assenza. Invitiamo tutte le associazioni di categoria, le reti e i movimenti, oltre a tutti i singoli interessati, a sottoscrivere questo appello e a partecipare alla nostra campagna di mobilitazione, che avrà inizio con un'assemblea nazionale il prossimo 5 maggio alla Città dell'Altra Economia di Roma.</span></span></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<b><span style="white-space: pre-wrap;"><span style="color: #222222;">Se chi ci governa non sa immaginare il futuro, proveremo a farlo noi.</span></span></b></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<a href="http://www.ilquintostato.it/"><span style="white-space: pre-wrap;"><span style="color: #222222;">www.ilquintostato.it</span></span></a></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-43823412600834627742012-04-07T11:31:00.000+02:002012-04-07T11:31:40.934+02:00e adesso bruciateci tutti<div class="MsoNormal"><br />
</div><div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">I veri Presìdi siamo noi.</div><div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Fango annerito là dove prima c’era un prato in cui fermarsi a parlare. Cenere e scheletri metallici là dove prima c’era uno spazio coperto in cui studiare dati, esaminare problemi, interrogarsi su un’opera che malgrado tutto e tutti continua a non convincere. Ma anche quattro mura e un tetto sotto cui accogliere amici, cucinare polenta, bere un bicchiere, scambiarsi la ricetta del tiramisù, leggere un libro, fare due giri a maglia e nel frattempo guardare lontano per disegnare un futuro a bassa velocità e ad alta qualità.</div><div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Questo era il Presidio di Borgone, il padre di tutti i Presìdi valsusini. Questo era il Presidio di Bruzolo, il secondogenito, nato sotto il sole dell’estate 2005. Questo è lo storico Presidio di Venaus. Questi sono i neonati o i risorti Presìdi di queste ultime settimane. Questo, ma non solo. Perché <u> </u>questi Presìdi sono diventati in questi lunghi anni luoghi-simbolo non solo di una pacifica lotta, punto di incontro di una comunità ritrovata, casa di gente che si è riscoperta “cittadino”, ma anche luoghi-simbolo di una democrazia da presidiare e da difendere giorno per giorno.</div><div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Ecco perché suscita indignazione l’incendio e provoca dolore la vista di quella distruzione. Ma ciò che sfugge a quegli individui, che usano come sempre la notte per nascondere il volto e per colpire quanti al contrario hanno sempre proclamato le proprie ragioni alla luce del sole e a viso scoperto, è che il simbolo esiste solo là dove esiste qualcuno capace di farlo essere. Qualcuno capace di dare sostanza, braccia, mani, cuore, anima e cervello a quel simbolo. A quel luogo-simbolo, che altrimenti sarebbe luogo vuoto e inutile. Sfugge a chi usa il linguaggio vile della intimidazione e dello sfregio, che i veri Presìdi non sono fatti di quattro mura. I veri presidi sono le persone che fino ad oggi li hanno fatti esistere e che continuano ad esserci, anche senza quelle mura. </div><div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Dunque, adesso, bruciateci tutti.</div><div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br />
</div><div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Barbara Debernardi</div>diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-73926299969591356092012-03-27T01:00:00.000+02:002012-03-27T01:00:09.006+02:00Inclusione, conciliazione e condivisione. Il pasticcio al femminile di Fornero<!--[if gte mso 9]><xml> <w:WordDocument> <w:View>Normal</w:View> <w:Zoom>0</w:Zoom> <w:TrackMoves/> <w:TrackFormatting/> <w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone> <w:PunctuationKerning/> <w:ValidateAgainstSchemas/> <w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid> <w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent> <w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText> <w:DoNotPromoteQF/> <w:LidThemeOther>IT</w:LidThemeOther> <w:LidThemeAsian>X-NONE</w:LidThemeAsian> <w:LidThemeComplexScript>X-NONE</w:LidThemeComplexScript> <w:Compatibility> <w:BreakWrappedTables/> <w:SnapToGridInCell/> <w:WrapTextWithPunct/> <w:UseAsianBreakRules/> <w:DontGrowAutofit/> <w:SplitPgBreakAndParaMark/> <w:DontVertAlignCellWithSp/> <w:DontBreakConstrainedForcedTables/> <w:DontVertAlignInTxbx/> <w:Word11KerningPairs/> <w:CachedColBalance/> </w:Compatibility> <w:BrowserLevel>MicrosoftInternetExplorer4</w:BrowserLevel> <m:mathPr> <m:mathFont m:val="Cambria Math"/> <m:brkBin m:val="before"/> <m:brkBinSub m:val="--"/> <m:smallFrac m:val="off"/> <m:dispDef/> <m:lMargin m:val="0"/> <m:rMargin m:val="0"/> <m:defJc m:val="centerGroup"/> <m:wrapIndent m:val="1440"/> <m:intLim m:val="subSup"/> <m:naryLim m:val="undOvr"/> </m:mathPr></w:WordDocument> </xml><![endif]--><!--[if gte mso 9]><xml> <w:LatentStyles DefLockedState="false" DefUnhideWhenUsed="true"
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<div class="Default" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif";">Circola in queste ore la relazione di Fornero sulla riforma del mercato del lavoro. E’ solo una relazione, non il testo di legge, ma già smaschera il trucco di quella che doveva essere la rivoluzione che parlava ai giovani e alle donne. A loro, le donne, Fornero dedica un intero paragrafo: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Interventi per una maggiore inclusione delle donne nella vita economica</i>. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ergo</i>, la vita economica di questo paese passa per il lavoro, e le donne, ancora una volta, vanno “tutelate”, “incluse”. Vediamo come, secondo Fornero & co. </span></div><div class="Default" style="text-align: justify;"><br />
</div><div class="Default" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif";">Il governo <span style="mso-bidi-font-weight: bold;">intende </span>“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">favorire una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all’intero della coppia</i>”. Finalmente si parla di <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">condivisione</b>. Eh sì, Fornero introduce, a grande richiesta, il congedo di paternità obbligatorio. Una rivoluzione? No, il trucco è svelato due righe dopo, e la conciliazione torna prepotente nel paese delle donne che si sostituiscono al welfare: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">In particolare, il congedo di paternità obbligatorio è riconosciuto al padre lavoratore entro 5 mesi dalla nascita del figlio e per un periodo pari a tre giorni continuativi</i>”. Tre giorni? Ma è uno scherzo? Anche le pari opportunità, tutte, stanno rabbrividendo! Di che tipo di condivisione si tratta quella che si può sbrigare in tre giorni? Nessuna, tranquille! I tecnici non fanno rivoluzioni, prendono lo stato delle cose, lo girano, lo rigirano, lo nascondono, valutano i costi, una telefonata alla troika una al presidente della repubblica, e poi lo ripropongono travestito da novità. E allora ecco che la <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">conciliazione</b>, quella delle donne con la loro vita e il loro lavoro, un problema tutto femminile insomma, ritorna con i “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">voucher per la prestazione di servizi di baby-sitting. Le neo mamme avranno diritto di chiedere la corresponsione di detti voucher dalla fine della maternità obbligatoria per gli 11 mesi successivi in alternativa all’utilizzo del periodo di congedo facoltativo per maternità. Il voucher è erogato dall’INPS. Tale cifra sarà modulata in base ai parametri ISEE della famiglia</i>”. Vale a dire, mamme, se volete rimanere a casa e godere del congedo di maternità facoltativo il bambino ve lo crescete voi, se invece volete tornare al lavoro, ve lo crescete voi comunque, aiutate da una baby-sitter convenzionata. Sarebbe questa la cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all’interno della coppia? Una cultura che si forma e si dipana in tre giorni? Eh, ma sono continuativi, 72 ore di seguito in cui i padri sono obbligati a fare i padri. E poi, di quali padri parliamo? Dei nostri compagni, dei nostri fratelli? No, perchè ancora una volta i padri precari ne restano esclusi. Vabbè, a loro il lusso di sostituirsi tre giorni alla compagna non è concesso, dovessero montarsi la testa! Sono questi gli strumenti per invertire la rotta dell’ “esclusione” femminile dal mercato del lavoro? Li avrà visti Fornero i dati dei ritorni al lavoro delle donne dopo la maternità? Lo saprà che solo 4 su 10 tornano sul mercato? E pensa forse che concedere l’obbligo ai padri di rimanere a casa tre giorni possa spingere gli uomini ad abbandonare il fantasma del “i soldi a casa li porto io”? Certamente no! Non lo pensa, non può pensarlo. Ma del resto il compito è svolto: conservare lo stato delle cose facendocela bere come rivoluzione! E poi, quando avrà tempo, si dedicherà anche alla sua delega alle pari opportunità, ma senza fretta, perché tanto su una cultura sessuata del mondo non si fanno mica soldi! Eppure il paese potrebbe cambiare davvero: la tenuta economica di questo paese passa per le donne e la vera rivoluzione sarebbe farsene carico tutti. Detta nei termini della ministra: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Interventi per l’inclusione di tutti nella vita economica del Paese.</i></span></div>diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-34226635012598780512012-03-24T19:13:00.001+01:002012-03-24T19:14:03.284+01:00Giornata di studi Iaph Italia - Lavoro o no? Crisi dell'Europa e nuovi paradigmi della cittadinanza. I materiali<div align="justify"><b><br />
Leggi e ascolta i <a href="http://www.iaphitalia.org/index.php?option=com_content&view=article&id=363:materiali-della-giornata-di-studi-qlavoro-o-no-crisi-delleuropa-e-nuovi-paradigmi-della-cittadinanzaq-roma-21-marzo-2012&catid=101:documenti-lavoro&Itemid=326" target="_blank">materiali</a> </b><br />
<b><br />
<i>Introduzione di Teresa Di Martino</i></b><br />
<br />
Perché una giornata di studio promossa dalla redazione Iaph Italia sui temi del lavoro? Perché ce lo dettano il contesto di crisi, economico-finanziaria, democratica, di cittadinanza e la politica nazionale ed europea? Non solo. Perché <b>pensare al lavoro a partire dalla filosofia</b> (vedi Federica Giardini) significa prendere le distanze dalle urgenze e dalle emergenze del presente, significa prendersi il tempo di pensare al rapporto tra donne e lavoro al di là delle retoriche contemporanee sull’inclusione, al di là del gioco di avanzamenti e arretramenti di cui le donne sono protagoniste nel nostro tempo, valorizzando le pratiche e le lotte che ci vedono “vive” nella politica del quotidiano. Un pensiero filosofico sul lavoro irrompe e scardina la prospettiva economico-produttiva, permette di pensare a nuove categorie e nuovi paradigmi e di nominare gli spazi di libertà di quelle pratiche che già esistono ma sono invisibili, perché poco interrogate e quasi mai nominate, e che parlano di un nuovo modo di stare al mondo, di una nuova cittadinanza. Tenendoci a debita distanza dalla trappola della crisi che impone un pensiero del possibile distraendo forze ed energie dal pensare l’impensato, costruire immaginario. </div>Partiamo da qui oggi, per cercare di fissare dei <b>punti fermi</b>, ma soprattutto per aprire interrogativi e spazi di azione che coinvolgano altre e altri, per rintracciare “<b>i nuovi paradigmi della cittadinanza</b>”, tutta da pensare e costruire, insieme. <a href="http://www.iaphitalia.org/index.php?option=com_content&view=article&id=361&Itemid=326" target="_blank">Leggi tutto</a><br />
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<i><b>Intervento a cura di Angela Lamboglia e Roberta Paoletti</b></i><br />
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<div align="justify"><b>Diversi piani nell'esperienza del lavoro</b></div><div align="justify">Come presupposto del mio ragionamento vorrei riprendere la parte finale dell'intervento di Federica Giardini sui diversi elementi di cui è fatto il lavoro. Il passaggio fondamentale in Diversamente Occupate è stato proprio il riconoscere quali fossero piani in gioco all'interno della nostra esperienza del lavoro: bisogno economico; ricerca di status, di una collocazione; desiderio di espressione e realizzazione; infine lavoro come spazio residuo di relazione e socializzazione in assenza di una dimensione pubblica diffusa. <a href="http://www.iaphitalia.org/index.php?option=com_content&view=article&id=364&Itemid=170" target="_blank">Leggi tutto </a><br />
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</div>diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-56442069885710112612012-03-15T13:29:00.001+01:002012-03-15T13:30:35.417+01:00Il flash-mob delle relazioni<div style="text-align: justify;">Il giorno prima di andare al meeting aziendale, il primo della mia vita, ero tutta un mix di angoscia e risentimento preventivo. Immaginavo scene di indottrinamento simili a quelle di Arancia Meccanica ricoperte da una glassa pop di finto entusiasmo e divertimento, utile per persuaderti in modo ancor più profondo e persistente. Quando sono tornata dal meeting aziendale ero rilassata, contenta, anche più motivata. Insomma, c'ero cascata con tutte le scarpe.</div><div style="text-align: justify;">Nonostante frasi come “Ragazze, in questo video c'è lui - Il capodeicapiditutticapi (un signore simpatico e gioviale, dall'aspetto gradevole, ironico e paterno) - sentirete la sua voce, che è inconfondibile” seguite da un video in cui, alla fine, per condizionamento, cominci a considerarlo bòno e adorabile pure tu, o frasi come “lavorando per noi state cambiando il mondo”, mi avessero fatto drizzare le antenne, l'atmosfera pop, felice, rilassata e colorata di quel giorno m'aveva indorato la pillola e, come da manuale, me la sono bevuta per bene. Scema.</div><div style="text-align: justify;">Ora, c'è una riflessione importante da fare a ridosso di quest'esperienza, in cui, ahimè, ho capito che non basta aver studiato Foucault per non inciampare in ogni dispositivo che ti mettono sotto i piedi.</div><div style="text-align: justify;">E' impressionante il fatto che il modo in cui ci fidelizzino non si radichi solo nei nostri sensi di colpa (del tipo “quest'azienda sta provando a salvare il mondo, nel suo piccolo, boicottando tutto quello che non sia assolutamente etico e green E DUNQUE TU o sei con noi o sei una sozza inquinatrice che coopera con i colossi multinazionali che disboscano l'Indonesia, uccidono gli autoctoni, fanno estinguere le scimmie. Stai con noi? Figo. Ma occhio che fra due mesi ti scade il contratto”) o nel culto paterno del capo figo, divertente, fricchettone e assolutamente etico (tanto perchè così, il giorno in cui non ti rinnoveranno il contratto, potrai avere anche il lusso di portarti dietro il senso di abbandono da parte della tua coloratissima famiglia e del tuo idolo-mito-padre spirituale che ora d'improvviso non ti vuole più bene...) quanto piuttosto in chi, come te, lavora in contesti precari e letteralmente “vacillanti”.</div><div style="text-align: justify;">E' un procedimento talmente fine che fa sì che il dispositivo che fa da collante tra le lavoratrici, siano le lavoratrici stesse.</div><div style="text-align: justify;">La formula è semplice: prendi delle coetanee, una da ogni parte d'Italia, le mescoli insieme per due giorni (il fattore flash-mob è importante. Non sia mai che al terzo giorno queste qua comincino a sindacalizzarsi l'una con l'altra...) in un contesto da gita scolastica: falle uscire, mangiare assieme, dormire assieme, fare giochi assieme...e vedrai che poi qualunque cosa dirai loro se la berranno. Prendi le simpatie, le relazioni a tempo determinato, l'armonia giocosa che può nascere in quel contesto e usala a loro insaputa come messaggio subliminale, come azione fidelizzante. Vedrai che poi se lo scordano tutte che tra loro solo una ha il contratto non in scadenza, solo una sa che non verrà cacciata dalla famiglia, solo una sa che potrà continuare ad avere uno stipendio. E tu sei lì, mentre ti parlano dell'azienda, ti spiegano come funziona ogni cosa, che capisci, annuisci, sei contenta perché riesci finalmente a sentirti meno eterodiretta nel fare le cose; sai perché una cosa funziona in un modo e una in un altro, non ti senti un ingranaggio. Ogni tanto ti torna in mente che appena ti scade il contratto tutto questo non avrà più senso. Anzi, servirà solo a frustrarti di più. Ma poi ti scatti una foto con le tue coetanee e passa tutto.</div><div style="text-align: justify;">Pare sia anche questa la femminilizzazione del lavoro: care aziende, se le relazioni tra le lavoratrici possono scardinarvi, usatele a vostro uso e consumo. Anzi, coltivatele voi, come una coltura di batteri in vetrini piccoli piccoli, che potete controllare.</div><div style="text-align: justify;">E ora scusate, basta discorsi seri...vado a correre tra le margherite...prima che mi scada il contratto.</div>diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-62875033909213358212012-03-13T13:55:00.002+01:002012-04-10T13:13:05.150+02:00Ricchi premi e perplessità<span class="Apple-style-span" style="color: #333333; font-family: Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 13px;"></span><br />
<div style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-color: transparent; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; border-bottom-width: 0px; border-color: initial; border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-style: initial; border-top-width: 0px; font-size: 13px; line-height: 23px; margin-bottom: 23px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px; outline-color: initial; outline-style: initial; outline-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; vertical-align: baseline;"><div style="text-align: justify;">Sono stata alla consegna dei premi “immagini amiche”. Faccio parte del <a href="http://www.immaginiamiche.it/comitato-donore" target="_blank">comitato d’onore</a>. Nientedimeno!*</div></div><div style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-color: transparent; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; border-bottom-width: 0px; border-color: initial; border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-style: initial; border-top-width: 0px; font-size: 13px; line-height: 23px; margin-bottom: 23px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px; outline-color: initial; outline-style: initial; outline-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; vertical-align: baseline;"><div style="text-align: justify;">Il <a href="http://www.immaginiamiche.it/" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-color: transparent; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; border-bottom-width: 0px; border-color: initial; border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-style: initial; border-top-width: 0px; color: #990000; font-size: 13px; margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px; outline-color: initial; outline-style: initial; outline-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; text-decoration: underline; vertical-align: baseline;" target="_blank">premio</a> mi piace un sacco. Mi piace che si riconosca chi fa una bella pubblicità trasmettendo un’immagine di donna in cui io mi possa riconoscere senza dovermi stravolgere. Mi piace che il regolamento preveda che il premio possa non essere assegnato se non si è trovata neanche una buona immagine (<a href="http://www.immaginiamiche.it/prima-edizione/i-vincitori" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-color: transparent; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; border-bottom-width: 0px; border-color: initial; border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-style: initial; border-top-width: 0px; color: #990000; font-size: 13px; margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px; outline-color: initial; outline-style: initial; outline-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; text-decoration: underline; vertical-align: baseline;" target="_blank" title="niente premio alla pubblicità su stampa">è successo l’anno scorso</a>…che tristezza). Mi piace perché è un premio (pro)positivo e non solo di denuncia.</div></div><div style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-color: transparent; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; border-bottom-width: 0px; border-color: initial; border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-style: initial; border-top-width: 0px; font-size: 13px; line-height: 23px; margin-bottom: 23px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px; outline-color: initial; outline-style: initial; outline-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; vertical-align: baseline;"><div style="text-align: justify;">E già che ci sono: no, no penso che solo perché ci sono donne disposte a farle, certe pubblicità smettono di essere offensive. Ci sono un sacco di cose al mondo che vengono fatte perché qualcuno è disposto a farle, ma in alcun modo questo le rende automaticamente condivisibili.</div></div><div style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-color: transparent; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; border-bottom-width: 0px; border-color: initial; border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-style: initial; border-top-width: 0px; font-size: 13px; line-height: 23px; margin-bottom: 23px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px; outline-color: initial; outline-style: initial; outline-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; vertical-align: baseline;"><div style="text-align: justify;">Questo in generale. Al momento di votare e alla consegna dei premi ho dovuto fare i conti con un po’ di cortocircuiti. In alcuni casi è stato difficilissimo scegliere, perché le immagini erano davvero belle (vedi ad esempio, tra i premiati, quella dell’amref o <a href="http://www.italy.iom.int/images/stories/verticale1.jpg" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-color: transparent; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; border-bottom-width: 0px; border-color: initial; border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-style: initial; border-top-width: 0px; color: #990000; font-size: 13px; margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px; outline-color: initial; outline-style: initial; outline-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; text-decoration: underline; vertical-align: baseline;" target="_blank" title="il solito immigrato...">quella dell’OIM</a>). Anche in altri casi è stato difficile, ma non proprio per la stessa ragione.</div><div style="text-align: justify;">Il vero problema sono stati gli spot televisivi.</div><div style="text-align: justify;">Uno era quello dove <a href="http://www.youtube.com/watch?v=nyMOfhm6jrg" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-color: transparent; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; border-bottom-width: 0px; border-color: initial; border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-style: initial; border-top-width: 0px; color: #990000; font-size: 13px; margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px; outline-color: initial; outline-style: initial; outline-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; text-decoration: underline; vertical-align: baseline;" target="_blank">Hermione a Parigi rimorchia per Lancôme</a>. E vabbe’. L’ho pure votato, ma c’è un motivo.</div><div style="text-align: justify;">Gli altri due sono un po’ fotocopie, ed è il motivo per cui hanno vinto entrambi: perché mostrano una donna che è sia mamma che professionista. E va bene, anche se secondo me ci sarebbe da discutere. (e se fosse solo mamma? o solo professionista? non è che ci incastriamo da sole con l’idea che “wonderwoman è bello?”, ma non è questo il punto.)</div><div style="text-align: justify;">Il fatto è che uno è <a href="http://www.youtube.com/watch?v=Wv9C0WKG0d0" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-color: transparent; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; border-bottom-width: 0px; border-color: initial; border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-style: initial; border-top-width: 0px; color: #990000; font-size: 13px; margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px; outline-color: initial; outline-style: initial; outline-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; text-decoration: underline; vertical-align: baseline;" target="_blank">quello della Mellin</a> e io, da brava <a href="http://www.commercioetico.it/libri/569/Centro-Nuovo-Modello-di-Sviluppo/Guida-al-Consumo-Critico.aspx" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-color: transparent; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; border-bottom-width: 0px; border-color: initial; border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-style: initial; border-top-width: 0px; color: #990000; font-size: 13px; margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px; outline-color: initial; outline-style: initial; outline-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; text-decoration: underline; vertical-align: baseline;" target="_blank" title="guida al consumo critico">consumatrice critica</a> (ma in questo caso teorica), ne ho timore, ché notoriamente quelli del latte in polvere sono <a href="http://www.viviconsapevole.it/articoli/l-amaro-biberon.php" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-color: transparent; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; border-bottom-width: 0px; border-color: initial; border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-style: initial; border-top-width: 0px; color: #990000; font-size: 13px; margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px; outline-color: initial; outline-style: initial; outline-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; text-decoration: underline; vertical-align: baseline;" target="_blank" title="la permacultura?!">cattivicattivicheurlano</a>. Mi ripeto che il premio non riguarda l’eticità del prodotto, però mi chiedo se può essere davvero amica un’immagine di un prodotto nemico di un sacco di donne e bambini. A rendermi più difficile la situazione ritirano il premio (della giuria popolare) due supersorridenti e coccolosi, che proprio si vede che ne sono orgogliosi e per di più raccontano di un’azienda quasi tutta in rosa. mannaggia, che non siano così cattivi? Giudizio momentaneamente sospeso (ma non è raro che un’azienda sia encomiabile su un aspetto e deprecabile su un altro).</div><div style="text-align: justify;">Infine la pubblicità del <a href="http://www.youtube.com/watch?v=uLSP9C7LX6E" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-color: transparent; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; border-bottom-width: 0px; border-color: initial; border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-style: initial; border-top-width: 0px; color: #990000; font-size: 13px; margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px; outline-color: initial; outline-style: initial; outline-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; text-decoration: underline; vertical-align: baseline;" target="_blank" title="e sti ca**i?">Kinder cereali</a> (che ha vinto il premio della giuria). Allora. Intanto sono mesi, dico me-si, che ogni volta che parte la pubblicità c’è questo simpatico scambio tra me e la tv: “ciao, sono Valentina Vezzali” “e ‘sti ca**i?” (niente di personale, eh). Ma soprattutto io la Kinder la boicotto. Da tipo un milione di anni. (Vale il discorso di cui sopra, e infatti non le ho votate e ho scelto la maga rimorchiona.)</div></div><div style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-color: transparent; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; border-bottom-width: 0px; border-color: initial; border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-style: initial; border-top-width: 0px; font-size: 13px; line-height: 23px; margin-bottom: 23px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px; outline-color: initial; outline-style: initial; outline-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; vertical-align: baseline;"><div style="text-align: justify;">Comunque il premio è una cosa bellissima.</div><div style="text-align: justify;">Come questo trailer (premio popolare Web) di <a href="http://www.correnterosa.org/joomla/" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-color: transparent; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; border-bottom-width: 0px; border-color: initial; border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-style: initial; border-top-width: 0px; color: #990000; font-size: 13px; margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px; outline-color: initial; outline-style: initial; outline-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; text-decoration: underline; vertical-align: baseline;" target="_blank" title="corrente rosa">corrente rosa</a>:</div><div style="text-align: justify;"><a href="http://www.youtube.com/watch?v=a19jTCbRDJs" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-color: transparent; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; border-bottom-width: 0px; border-color: initial; border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-style: initial; border-top-width: 0px; color: #990000; font-size: 13px; margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px; outline-color: initial; outline-style: initial; outline-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; text-decoration: underline; vertical-align: baseline;" target="_blank" title="per la mia strada">Per la mia strada</a></div></div><div style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-color: transparent; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; border-bottom-width: 0px; border-color: initial; border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-style: initial; border-top-width: 0px; font-size: 13px; line-height: 23px; margin-bottom: 23px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px; outline-color: initial; outline-style: initial; outline-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; vertical-align: baseline;"><div style="text-align: justify;"><br />
</div></div><div style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-color: transparent; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; border-bottom-width: 0px; border-color: initial; border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-style: initial; border-top-width: 0px; font-size: 13px; line-height: 23px; margin-bottom: 23px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px; outline-color: initial; outline-style: initial; outline-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; vertical-align: baseline;"><div style="text-align: justify;">* mica per caso! grazie a <a href="http://pinanuzzo.wordpress.com/" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-color: transparent; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; border-bottom-width: 0px; border-color: initial; border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-style: initial; border-top-width: 0px; color: #990000; font-size: 13px; margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px; outline-color: initial; outline-style: initial; outline-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; text-decoration: underline; vertical-align: baseline;" target="_blank" title="Pina Nuzzo">Pina Nuzzo</a>!</div></div>diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-258040824554235551.post-85523865830411681552012-03-12T22:04:00.000+01:002012-03-12T22:04:23.093+01:00Diversamente occupate con Il manifesto<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: Times New Roman; font-size: small;">Pensare ad un mondo dell’informazione senza il manifesto significa immaginare un mondo dell’informazione privo di pagine che raccontano esperienze, pratiche, politiche <i>altre</i>, privo di parole che si interrogano sul contemporaneo, senza uno sguardo differente sul mondo, sul mondo del lavoro, sulla politica, sulla rappresentanza, senza i racconti di quello che succede molto lontano da noi e dietro l’angolo, senza quei racconti che difficilmente si mettono in parola, senza la messa in discussione del sistema dominante, gli interrogativi a lungo termine, le questioni che vanno in profondità, la radicalità delle teorie e il sostegno spassionato alle pratiche, senza le denunce di discriminazione, senza quella sinistra con cui spesso entriamo in conflitto, senza conflitto appunto. Noi, donne, giovani, femministe, studentesse, precarie, diversamente occupate, leggiamo, commentiamo, spammiamo. Gli articoli delle compagne e dei compagni, gli appelli delle associazioni, le ragioni dei movimenti, volti, corpi e parole messi nero su bianco, su poche pagine, ma importanti, almeno per noi. Il manifesto dà spazio e interroga i movimenti femministi contemporanei. <b>Diversamente occupate</b> è con il manifesto #senza fine.</span></div>diversamenteoccupatehttp://www.blogger.com/profile/06347262832374420415noreply@blogger.com0