Cercasi giovani donne che ripensino il lavoro. Dall'esperienza delle Diversamente occupate alla piazza del 9 aprile.
“Flessibili sì, ma alle nostre condizioni, non a quelle del mercato. Il futuro, per ora, non lo immaginiamo, ne abbiamo una percezione schizofrenica. Esiste uno scarto tra i nostri desideri e l’espressività che il mercato del lavoro ci concede. Ma farci da parte non è la soluzione che vogliamo, perché la sottrazione non è una strategia di libertà. Ripartiamo dalle relazioni tra donne, e non solo nel lavoro. Quello che manca è un sapere minimo diffuso, il fatto che ad una donna, un’altra donna qualsiasi, possa venire in mente che, se vuole, ci sono altre donne con cui entrare in relazione, una dimensione che sia inclusiva, in cui ciascuna possa trovare lo spazio per sé".
Questo scrivevano le “diversamente occupate” (http://diversamenteoccupate.blogspot.com/) all’inizio del loro percorso, di pensiero e pratica politica. Diversamente occupate nasce dall’incontro di alcuni giovani donne, tutte provenienti dall’università ed in particolare dagli studi filosofici, con la redazione della rivista storica femminista dwf (donnawomanfemme). Dopo una lunga riflessione sul rapporto tra donne e lavoro nascono due numeri della rivista dedicati al tema del lavoro: “Diversamente occupate, 1, 2010″ e “Lavoro. Se e solo se, 2, 2010″, il primo dedicato all’esperienza lavorativa a “partire da sè” e il secondo dedicato alla negoziazione con il proprio corpo, con l’altro, con lo spazio pubblico. Da qui è iniziato un percorso di incontri e relazioni con altre donne che hanno arricchito il nostro pensiero politico intorno al lavoro femminile: al pensiero si sono aggiunti strumenti concreti grazie al contributo di giuslavoriste, formatrici e sindacaliste. Il nostro è un collettivo femminista, facciamo pensiero e politica a partire dalle nostre esperienze e dalle relazioni con altre e altri, con uno sguardo particolare al tema del lavoro, ma non solo...“Flessibili sì, ma alle nostre condizioni, non a quelle del mercato. Il futuro, per ora, non lo immaginiamo, ne abbiamo una percezione schizofrenica. Esiste uno scarto tra i nostri desideri e l’espressività che il mercato del lavoro ci concede. Ma farci da parte non è la soluzione che vogliamo, perché la sottrazione non è una strategia di libertà. Ripartiamo dalle relazioni tra donne, e non solo nel lavoro. Quello che manca è un sapere minimo diffuso, il fatto che ad una donna, un’altra donna qualsiasi, possa venire in mente che, se vuole, ci sono altre donne con cui entrare in relazione, una dimensione che sia inclusiva, in cui ciascuna possa trovare lo spazio per sé".
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