mercoledì 24 marzo 2010

Niente.

Vent'anni fa ero studentessa all'università
quindici anni fa ero dottoressa in storia dell'arte
dieci anni fa ero scrittrice d'arte e amica di artisti
due anni fa ero femminista... Adesso
non sono niente, niente assolutamente.

C. Lonzi, Taci, anzi parla, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1978, p.200


Quando per la prima volta ho letto queste parole di Carla Lonzi ho provato un immediato senso di liberazione. Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh. Non sono più niente.
Ho provato allora per un po' e un po' per gioco a rispondere “niente” a tutte le volte, tante, in cui mi hanno chiesto “Cosa fai?” – intendendo chiaramente “cosa fai nella vita?” – o più spesso “Che stai facendo?” – poiché si sa che di questi tempi quello che fai nella vita può cambiare rapidamente. Niente, risposta non contemplata. E devo anche dire che non è stato facile, che dire niente mi poneva in un indifferenziato: l'altro non mi riconosceva e io non sapevo bene dove fossi e come farmi vedere.
D'altra parte non avrei neanche saputo cosa dire, come spiegare in uno o pochi termini comprensibili le varie attività, eppoi contano solo quelle lavorative? (sì, nell'intenzione di chi ti pone la domanda, sì. È la casella da riempire.)
Niente era anche la risposta corretta, perché non faccio niente che si possa identificare con un mestiere, nel senso classico del termine.
Ma è anche la risposta sbagliata, perché di fatto faccio molto più adesso – molto più lavoro, molto più interessante, molto più utile – di quando timbravo un cartellino.
Adesso dico “vorrei fare niente, ma non mi riesce” e, paradossalmente, funziona.

Ad ogni modo, ho imparato da Carla Lonzi: non si è (solo) quello che si fa. Ma nessuno mi chiede del mio essere.

Eleonora

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