Siamo
lavoratrici e lavoratori della conoscenza, dello spettacolo, della cultura e
della comunicazione, della formazione, autonomi e precari del terziario
avanzato. Lavoriamo con la partita IVA, i contratti di collaborazione, in
regime di diritto d'autore, con le borse di studio, nelle forme della
microimpresa e dell'economia collaborativa. Siamo cervelli in lotta, non in
fuga, ovunque ci troviamo. Ci occupiamo di cura della persona, della tutela del
patrimonio artistico. Ogni giorno produciamo beni comuni intangibili e necessari: intelligenza, relazioni, benessere sociale.
Siamo il grande assente nel dibattito sulla riforma del mercato del lavoro, tutto concentrato sullo strumentale dibattito sull'articolo 18. Questa riforma sta facendo passare, in sordina, la decisione di aumentare l’aliquota previdenziale per le partite IVA di 6 punti, dal 27 al 33%. Una scelta gravissima, che inciderà sulla vita delle lavoratrici e dei lavoratori iscritti alla gestione separata INPS. Già dal prossimo settembre almeno un milione e trecentomila persone vedranno il proprio reddito nuovamente tagliato, senza alcuna speranza di percepire in futuro una pensione dignitosa.
Ecco l’anomalia scandalosa del mondo del lavoro italiano: dove di fatto, a chi non ha un contratto da
dipendente a tempo indeterminato, non viene riconosciuta piena cittadinanza costituzionale. In questo stato di discriminazione vivono almeno altri quattro milioni di persone la cui condizione di precarietà, tanto nella pubblica amministrazione quanto nel privato, non viene affrontata dal ddl in discussione in Parlamento se non mediante un contratto di apprendistato valido fino ai 29 anni di età. Ossia con una misura che da una parte complica il panorama delle forme contrattuali atipiche – già oggi 46! - dall’altra tenta di occultare una
realtà ineludibile: nei prossimi vent’anni la nostra società sarà sempre più fondata sul lavoro indipendente.
Invece di tutelare un terzo della forza lavoro attiva in Italia, oggi si preferisce trattare sei milioni di persone a mo’ di bancomat per tenere in vita un sistema fallimentare. Si continua a non prendere in considerazione la possibilità di un reddito di cittadinanza, una delle forme di welfare in grado di contrastare l’enorme processo di esclusione sociale in corso. L'Italia resta l'unico Paese europeo, insieme alla Grecia, a non garantire protezioni sociali per tutti i lavoratori. La “nuova” assicurazione sociale (ASPI) non è che il vecchio sussidio di disoccupazione, praticamente inaccessibile a chi svolge un'attività indipendente.
Non vogliamo restare i paria di questa società e riteniamo fondamentale fermare, e ridiscutere radicalmente, le misure contenute nel ddl del Ministro Fornero. Perché oggi è in gioco molto più di una legge: si tratta – è impossibile non vederlo – del futuro del nostro Paese e della nostra civiltà. Per questo sentiamo la necessità di creare una coalizione del lavoro indipendente e precarizzato, tra chi è a rischio di povertà e le persone alla permanente ricerca di occupazione.
Questo è il momento di promuovere, oltre i confini delle singole categorie, la consapevolezza di un obiettivo comune: creare il diritto effettivo e universale di cittadinanza e un dovere di solidarietà sociale.
Accanto alla regolazione dei rapporti contrattuali, qualsiasi riforma deve prevedere la tutela di tutte le persone nel cosiddetto “mercato” del lavoro. È necessario riconoscere nuovi diritti sociali fondamentali per le lavoratrici e i lavoratori autonomi in maternità o paternità, in malattia, nella transizione tra impieghi; diritti che garantiscano una retribuzione adeguata «e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa», com’è sancito dall'art. 36 della Costituzione.
Ciò impone scelte coraggiose nelle politiche economiche, sociali e culturali, improntate alla democrazia e alla trasparenza, al rispetto della vita e della dignità di tutti i cittadini e di tutte le persone che vivono e lavorano nel nostro Paese. Richiede una visione generale della società, una visione di cui avvertiamo drammaticamente l’assenza. Invitiamo tutte le associazioni di categoria, le reti e i movimenti, oltre a tutti i singoli interessati, a sottoscrivere questo appello e a partecipare alla nostra campagna di mobilitazione, che avrà inizio con un'assemblea nazionale il prossimo 5 maggio alla Città dell'Altra Economia di Roma.
Se chi ci governa non sa immaginare il futuro, proveremo a farlo noi.
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