mercoledì 23 giugno 2010

Appunti di lavoro

Riproponiamo qui alcuni dei nostri appunti presi durante la sessione sul tema del lavoro all'interno del convegno organizzato dal gruppo di studenti e studentesse Verlan, che si è tenuto presso l'Università di RomaTre lo scorso 26 e 27 maggio, in modo da rimettere in circolo l'esperienza e il sapere prodotto in quei luoghi e nella speranza di avviare un confronto ulteriore sul tema.

1- Lia Cigarini:
C'è una situazione di inerzia politica tale da umiliare il mondo del lavoro. C'è bisogno di uno scambio pratico che produca politico e simbolico, dal momento che le dinamiche di relazione sono anche dinamiche di libertà (rappresentazione -narrazione - anzichè rappresentanza). Il lavoro è luogo di articolazione fondamentale dello spazio pubblico, c'è dunque bisogno di una presa di parola sul mondo del lavoro.
Le donne sono entrate nel mondo del lavoro nel momento in cui il paradigma dominante era quello del postfordismo. L'entrata delle donne nel mondo del lavoro ha prodotto una rottura del paradigma e ha portato all'elaborazione di categorie nuove a partire dalla realtà del contesto.
Femminilizzazione:
-senso quantitativo-numero di donne nel mondo del lavoro
-senso qualitativo-dispregiativo: mercato più debole ("femminile") perchè le donne non contrattano e tendono a lavorare gratis.
Vi è bisogno di una pratica politica che incroci la crisi del mondo politico, trasformando i rapporti di forza in rapporti liberi (il potere non coincide con la politica). In una sedicente società della conoscenza, la rivoluzione che conta è quella dell'immaginario.
Il lavoro di relazione (in cui si tiene presente l'altro nel calibrare la propria posizione) cambia il lavoro, dà possibilità di cambiamento. Le donne che portano tutto al mercato rappresentano una risorsa di cambiamento (la relazione materna non è più un fatto privato, come vorrebbe il capitalismo)


2- Cristina Morini:
Il Postfordismo è il periodo di passaggio dopo la crisi della grande fabbrica. La fase in cui ci troviamo ora è quella del Capitalismo cognitivo.
Il portato delle donne cambia il mondo del lavoro?
No. L'attuale terziario (il settore più aperto al femminile) e le forme dell'organizzazione del lavoro stanno provando a cambiare noi. Non c'è esclusione ma totale riassorbimento del potenziale sovvertivo della differenza ( si assiste inoltre a una femminilizzazione del maschile per opera del lavoro). Da questo discende una trasversalità dello sfruttamento rispetto ai generi.
Le capacità divengono merce di scambio. Le categorie di classe e di genere vengono scompaginate perchè il lavoro innerva ormai anche la vita extralavorativa. Nella precarietà, poi, si perde il significato della contraddizione lavoro/non lavoro.
Emancipazione tramite il lavoro? Non è la libertà di tutte.
Il capitalismo vira la propria attenzione sulle donne, nel mentre che salta la misura (si scompagina il diritto al lavoro) e si sfocia nello sfruttamento.
Rifiuto del doppio sì al lavoro, i due mondi vanno tenuti distanti.
La cura è un'etica che si vuole trasferire nella produzione (dal momento che è efficace per la produttività e depotenzia i conflitti sul luogo del lavoro).
Dove si situa l'invenzione?
C'è bisogno di rompere il legame "d'amore" e di cura con la produzione, c'è bisogno di infedeltà.
Il lavoro salariato è in declino. Proposta del reddito di base. Noi infatti produciamo contenuti che fanno profitto ma che non ci viene retribuito (informazioni tramite internet, i social network o anche le semplici preferenze al supermercato). Non porterebbe a derive edonistiche più di quanto non possano già farlo gli aumenti salariali. Con un reddito di base si sarebbe meno inclini ad accettare di tutto. Esso sanerebbe la frammentazione e risulterebbe essere propedeutico all'inversione della logica salariale.
Bisogna costruire nuove genealogie da precari.


3- Roberto Ciccarelli:
Il rinnovato rapporto tra debito e credito all'interno dell'università ha dato vita ad una gestione economica del sapere in termini neoliberistici. I lavoratori della conoscenza vivono uno stato di proletarizzazione. E' una dimensione ormai collettiva e generalizzata.
Bisogna trovare una narrazione ed una forma d'azione per reagire.
I precari vivono in una terra di mezzo tra la pubblica amministrazione e le aziende private. Il precariato è un vuoto dell'esistenza, in cui si è in attesa di qualcosa (in questi termini esso non ha nemmeno più senso a livello lavorativo, dal momento che ora ha assunto il valore di una situazione estesa a tutta la vita lavorativa, bisognerebbe sostituire il termine con "Lavoro indipendente") . Ci si ritrova in uno stato di precariato biografico che realizza un'antropologia negativa.
Si stringe con il mondo del lavoro una sorta di "contratto intimo", in cui libertà e subordinazione vengono legate in forma nuova. La vita viene pervasa dal debito del contratto, laddove debito assume il doppio valore di:
- essere sempre a disposizione
-prestarsi/esser sempre davanti/essere dunque in antagonismo.
Tutto questo è la precarietà: subordinazione (si è liberi e subordinati ad un tempo), essere a disposizione e antagonismo. Ci si mette a completo servizio altrui per poter stare sempre davanti agli altri, nella speranza di essere salvati, nella speranza di avere un futuro che in realtà si rivela di sola sopravvivenza.
Il contratto intimo è contrattazione psicologica preliminare all'entrata nel mondo del lavoro e in società (in cui si insegna ad esser messi a disposizione di qualsiasi futuro). Personificazione del contratto. Questo contratto non elargisce diritti ma prevede solo doveri da parte di chi lo contrae con se stesso.
Il lavoratore della conoscenza si trova in una situazione di inclassificabilità, a metà strada tra la schiavitù e la borghesia. Si è apolidi, scissi dal corpo sociale e politico, extraterritoriali, in esilio rispetto ai propri luoghi. E' un lutto dell'emancipazione. Si è oltre la stessa cittadinanza, in un modo di vivere autosanzionatorio.
E' condizione sottrattiva che porta perà con sè la possibilità di una polis non territoliale e non statale. Ci si sottrae ad una polis e se ne crea un'altra nell stesso piano di immanenza.
Cinismo: il precario vive da aristocratico una condizione da plebei. L'indifferenza cinica è contro la legge ed il contratto intimo. Può dare la spinta a cambiare la vita in nome di una vita vera, vita altra.
Si lotta per la trasformazione del mondo.



Federica

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